La risoluzione dell'Onu era stata approvata da pochi minuti e gli aerei francesi si alzarono in volo destinazione Roma. Le truppe del ministro della guerra La Russa stavano per dare inizio all'ennesimo assalto contro i manifestanti davanti a Montecitorio.
I ribelli si erano asserragliati nella piazza antistante la camera dei deputati da quando la maggioranza di centro destra aveva dato inizio ad un tentativo di golpe. Sovvertendo infatti l'ordine dei lavori dell'aula si era tentato di far approvare la legge sulla prescrizione breve per salvare il Presidente del Consiglio da alcuni dei tanti processi in cui era coinvolto. Questo ennesimo tentativo di utilizzo a scopi personali del parlamento e delle istituzioni aveva esasperato gli animi dei cittadini che ormai da mesi erano alle prese con una crisi economica senza precedenti, una crisi che il governo ignorava per occuparsi dei problemi giudiziari del capo del governo. Oltretutto il paese stava affrontando da alcuni giorni una nuova emergenza umanitaria, usata ancora una volta come un palcoscenico per una delle tante sceneggiate, sempre del Presidente del Consiglio, secondo un copione già sperimentato in altre occasioni: il terremoto dell'Aquila, i rifiuti di Napoli. Emergenze spesso esasperate ad arte per poi dar modo al colpo di scena del salvatore della patria, lui il Capo del Governo. Quell'enesimo tentativo di far approvare una legge completamente anticostituzionale aveva scatenato quindi una violenta protesta di piazza. Il ministro La Russa non aspettava altro. Appena avuta notizia della manifestazione si era precipitato nel piazzale antistante la camera con toni provocatori e di sfida. La presenza di La Russa aveva amplificato la rabbia dei manifestanti che avevano iniziato ad apostrofarlo con epiteti di varia natura: dal fascista al buffone al servo, il tutto accompagnato dal lancio di monetine di antica memoria. Mefistofele La Russa era rientrato in aula infuriato e dopo aver chiesto la parola si era scagliato contro l'opposizione scatenando un putiferio. Il ministro con gli occhi di fuori insultava tutti, scalciava, lanciava oggetti, imprecava terminando la sua sfuriata con la dichiarazione di guerra verso i ribelli che assediavano, secondo lui, Montecitorio. Nemmeno i compagni di partito erano riusciti a calmarlo, mentre il Presidente del Consiglio, l'unico che avrebbe potuto fermarlo, era troppo impegnato ad organizzare i lavori di ristrutturazione della nuova villa a Lampedusa per occuparsi della vicenda e della pericolosa piega che stava prendendo. Il Ministro della Guerra aveva dichiarato il coprifuoco alla camera, tutti i parlamentari erano stati obbligati a rimanere all'interno dell'aula, mentre lui al comando delle sue truppe tentava invano di disperdere i ribelli. La situazione era precipitata quando La Russa, non riuscendo ad avere ragione dei ribelli, aveva impiegato carri armati ed aerei contro i manifestanti che tenevano in scacco le sue truppe e tutto il parlamento. L'Onu, cosi' come aveva fatto per la Libia, adotto' la stessa risoluzione anche per l'Italia, ed i francesi, che non vedevano l'ora di menare le mani contro il governo di centro destra colpevole di non essere riucsito ad arginare i migranti dal nord africa, levo' subito in volo i propri bombardieri.
L'offensiva francese ebbe ragione delle truppe del ministro della guerra italiano in pochi giorni, in Libia l'operazione era stata piu' lenta grazie anche all'inefficienza proprio degli italiani sempre troppo occupati a difendere il loro capo dai processi in cui era coinvolto. La vicenda provoco' le dimissioni immediate di tutto il governo e l'esilio non solo di Ignazio La Russa ma anche del Presidente del Consiglio giudicato inadatto a governare il paese, considerato che non era nemmeno riuscito a tenere sotto controllo il suo ministro piu' esuberante. Fu nominato un governo provvisorio con la supervisione della Nato che porto' il paese a nuove elezioni nelle quali finalmente la sinistra unita ottenne la maggioranza e riporto' la democrazia in Italia dando vita alla terza Repubblica.
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