giovedì 28 aprile 2016

La finta guerra della politica alla corruzione


Gli echi dello scontro fra Renzi e Davigo non si erano ancora spenti che l'ennesima tegola è caduta sul Partito Democratico e su uno dei sui maggiori esponenti, il presidente del partito in Campania. Ecco allora che tutte le parole spese contro i magistrati di Matteo Renzi, in perfetto stile berlusconiano tanto per non smentirsi, sembrano solo l'ennesimo attacco contro chi, la magistratura, ci prova in tutti i modi a combattere la corruzione nel sistema politico italiano e purtroppo non ci riesce. I motivi sono molteplici, non ultimo un senso civico totalmente assente nel paese che sembra ormai assuefatto a questi scandali che si susseguono uno dietro l'altro, ma anche una sudditanza ormai endemica della politica dalle mafie ed organizzazioni criminali che bene o male sono portatrici di voti e garantiscono il raggiungimento prima ed il mantenimento poi del potere. Dopo tangentopoli ci avevano fatto credere che uno dei principali motivi della corruzione in politica era dovuta al sistema delle preferenze che rappresenteva il motore del voto di scambio nelle elezioni politiche. Il boss mafioso o il camorrista garantivano il numero di voto essenziali per l'elezione del politico di turno che successivamente favoriva le attività illegali dello stesso boss portatore di voti. Le preferenze furono prima ridotte da tre ad una e poi tolte definitivamente con l'introduzione del sistema maggioritario nella legge elettorale (1994). Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Attualmente quindi per il parlamento i candidati sono scelti dagli stessi partiti, mentre per le varie amministrative ancora si procede con il voto di preferenza. Ma la corruzione non è di certo stata debellata, semplicemente ha cambiato natura. Prima degli anni 90 il politico agiva per favorire il proprio partito, oggi semplicemente agisce per proprio tornaconto. E' dimostrato quindi che non è la legge elettorale od il sistema delle preferenze ad agevolare la corruzione ma piuttosto questa è insita nel detentore del potere a prescindere. Oggi quindi sono sotto accusa i partiti e le modalità con le quali gli stessi reclutano i propri candidati. Spesso quando un politico viene beccato con le mani nel sacco si ricorre subito alla giustificazione del "Non ne sapevamo niente" ma anche questa scusa non regge. Basta portare come esempio l'ultimo caso quello del presidente del Pd della Campania, Stefano Graziano. Ecco la sua carriera politica: Già leader dei Giovani DC, poi militante del Ppi che abbandonò quando Castagnetti decise di dar vita alla Margherita (per Graziano troppo di sinistra), decise quindi di passare nel centrodestra di Berlusconi aderendo al Ccd di Casini e poi all'Ucd di Buttiglione per poi finalmente approdare al Pd. Ora quali garanzie poteva dare un politico come questo pronto a cambiare maglia, bandiera e anche canottiera appena possibile ? La guerra vera alla corruzione si fa fin dal reclutamento dei propri iscritti prima ancora di dare loro incarichi o di inserirli in liste di qualsiasi natura, facendo crescere il politico all'interno del partito dove dovrebbe fare la classica gavetta prima di arrivare a fare Politica vera. Certo in passato, quando i partiti erano dei veri partiti e non delle semplici organizzazioni padronali, anche questa modalità ha dato segnali sconcertanti ma senza arrivare ai livelli di corruzione attuali dove il politico è più che altro un mercenario pronto a cambiare squadra al miglior offerente. Tanto più che la squadra non si preoccupa nemmeno di controllare le capacità e la storia di chi di volta in volta si appresta a ingaggiare.

mercoledì 27 aprile 2016

La memoria perduta (dell'Europa e dell'Italia)



Quando il 9 novembre del 1989 iniziò la demolizione del muro di Berlino e risprese la libera circolazione fra Germania Ovest e Germania Est, nessuno poteva immaginare che dopo solo 27 anni muri, fili spinati, frontiere sarebbero tornate di moda. E questo dopo essere passati dal famoso trattato di Schengen per la libera circolazione fra gli stati della comunità europea. Ora tutto sembra essere vanificato e l'Europa, sotto la pressione dell'immigrazione dai paesi arabi e africani, mostra non solo la sua debolezza e incosistenza ma anche la completa perdita di memoria della sua recente storia. Dopo le deportazioni della seconda guerra mondiale, dopo il muro di Berlino eretto per impedire proprio a libera circolazione, sembrava impossibile tornare indietro e rinunciare alla libertà di circolare all'interno dell'europa. Ed invece in pochi mesi ecco che si stanno facendo giganteschi passi indietro sia da parte dei paesi ultimi arrivati ma anche da parte di paesi storici come l'Austria. Si innalzanao muri, si stendono fili spinati, si installano barriere, si fanno accordi per scambiare persone (gli immigrati) come fossero figurine, si realizzano campi dove "tenere" gli immigrati, scene e immagini che si pensava appartenere al passato tragico della seconda guerra mondiale ma che diventano di attualità. Ecco che l'Europa non solo dimentica la propria storia, ma di fronte al primo problema reale da affrontare dalla sua nascita, dimostra la propria incosistenza, la propria fragilità, la propria inesistenza. I vari stati agiscono per conto proprio nel tentativo di salvaguardare esclusivamente i propri interessi e quel sentimento di appartenenza, che viene spesso inserito nei discorsi della retorica politica, è svanito più velocemente della neve al sole. Però non è solo l'Europa ed i paesi che stanno erigendo barriere ad aver perso la memoria, ma anche l'Italia fa la sua parte. Basta vedere che cosa è accaduto il 25 aprile scorso durante le manifestazioni per ricordare la liberazione: frange fasciste che inneggiavano ai temi che furono, centro sociali che, ignari della storia, scendono in piazza esclusivamente per creare caos, tentativi ormai in atto da circa venti anni di mettere sullo stesso piano i camerati con i partigiani con la debole scusa che entrambi hanno causato morti. Certamente ma mente i primi ammazzavano per limitare la libertà del popolo italiano, i secondi lo fecere per liberare il popolo stesso. E c'è una bella differenza.

lunedì 25 aprile 2016

25 Aprile: dalla festa della liberazione alla festa della retorica.

E siamo ancora qui a festeggiare il 25 aprile, festa della liberazione dal fascismo, festa della democrazia, festa della repubblica. Ma oggi più che altro diventata festa della retorica, soprattutto da parte della politica che in questi ultimi anni fa di tutto per ammazzare la democrazia, ammazzare la libertà mortificando i cittadini e togliendo loro quel potere decisionale che la costituzione affida al popolo. Dagli anni di Berlusconi che se ne fregava di questa giornata impegnato a difendere la "propria" libertà con leggi adeguate, siamo appena entrati negli anni di Renzi, degno figlio putativo di cotanto padre. Renzi ed il Pd sono impegnati strenuamente a riformare il paese attuando quel disegno politico che l'ex cavaliere avava in testa ma che non è stato capace di realizzare. Le fondamenta di questa nuova stagione sono la legge elettorale e la riforma costituzionale che costituiscono il primo colpo alla democrazia conquistata con il 25 aprile 1945. Ma le azioni del governo contro la democrazia sono molteplici a partire dalla riforma del lavoro che ha totlto qualsiasi tutela ai lavoratori liberalizzando il licenziamento indiscriminato, passando alla campagna a favore dell'astensionismo nell'ultimo referendum dello scorso 17 aprile, per arrivare poi al tradimento, sempre in materia referendaria, del volere popolare in merito alla privatizzazione dell'acqua fino alla difesa ad oltranza dei politici corrotti in contrapposizione con la magistratura. Insomma in ogni suo atto l'attuale governo a guida si del Parito Democratico ma sostenuto da frange dell'ex partito della libertà di Berlusconi, mina i valori fondamentali dai quali è sorta la nostra repubblica. Oggi sentiremo discorsi pieni di retorica da parte di tutte le istituzioni, da Mattarella a Renzi, passando per Boldrini per poi tornare domani all'opera distruttrice di quel sogno che guidò i partigiani alla lotta per la liberazione. La parola tornerà al popolo nel mese di ottobre e quella sarà l'ultima occasione per riportare il paese indietro dallo sfascio democratico di questi anni e di questi ultimi mesi, quello sarà il nuovo 25 aprile degli anni 2000, si vedrà se i nuovi "partigiani" armati di matita e scheda referendaria sapranno ripercorrere ciò che fecero i nostri antenati armati invece di bombe e fucili. Buon 25 aprile ma ancora di più buon mese di ottobre 2016.

venerdì 22 aprile 2016

Twitter ... arma a doppio taglio

Ho sempre sostenuto che abusare dei social sia deleterio per chiunque anche per i politici o per i partiti politici. Oggi sulla pagina twitter del Pd sono comparsi in sequenza questi tre tweet: uno del partito, uno di Sala candidato sindaco a Milano ed uno di Matteo Renzi. Allora la domanda che sorge spontanea è la seguente: ma questa gente crede davvero a quello che scrive oppure nel Pd circola "roba" di scarsa qualità ? L'altra domanda potrebbe essere che sono ormai tutti pieni di loro stessi contagiati dal virus della boria del loro segretario che non si rendono conto della ipocrisia o della falsità quando scrivono a cuor leggero, magari pensando che chi legge beve come una spugna e non attiva i propri neuroni. Sono appen trascorsi 5 giorni dal referendum sulle trivellazioni in mare, un referendum andato a vuoto proprio grazie alla campagna astensionista del Partito Democratico e del suo segretario noché presidente del consiglio, è appena accaduto un incidente ambientale a Genova dove uno sversamento di petrolio sta causando danni ambientali non indifferenti, che questi personaggi si ergono a difensori dell'ambiente e a sostenitori della sostenibilità e delle energie rinnovabili. Tutto questo dopo aver elargito favori a mani basse ai petrolieri prima con il sito di Tempa Rossa e poi con le concessioni a babbo morto per le strazioni entro le 12 miglia. Senza considerare i poferosi tagli effettuati sulle energie rinnovabili ed in particolari sul fotovoltaico mettendo in crisi che ci aveva investito. E vogliamo parlare del nuovo attacco in merito alla privatizzazione dell'acqua in barba al referendum del 2011 ? Insomma se questo è il partito che sostiene l'ambiente e che si propone come leader della sostenibilità ambientale ho paura che le parole utilizzate abbiano completamente perso di significato. Avete fatto fallire un referendum che fra i vari obiettivi aveva anche la questione ambientale ... abbiate almeno la decenza di stare zitti e di non prendere ulteriormente in giro i cittadini.

giovedì 21 aprile 2016

La guerra alla democrazia del Partito Democratico prosegue: prossimo obiettivo l'acqua


Si è appena spento lo sedgno per il referendum del 17 aprile ucciso in primo luogo dall'inivito all'astensionismo del segretario del Partito Democratico nonché presidente del consiglio Matteo Renzi, che alla camera quelli del Pd fanno passare un provvedimento per cancellare un altro referendum, quello sulla privatizzazione dell'acqua del 2011. Quel referendum e quello che sta accadendo in parlamento sull'acqua è un altro di quei segnali che dimostrano come il Pd abbia completamente cambiato pelle sotto la guida di colui che si presentva come il rottamatore della vecchia politica ma che di fatto sta rottamando solo la democrazia. Nel 2011 il Partito Democratico era schierato a favore dell'abolizione di quella norma scellerata del governo Berlusconi che prevedeva l'affidamento dei servizi idrici a soggetti privati o al più a società miste pubbliche private. Il grande movimento a difesa di un bene comune come l'acqua vedeva quindi schierato in prima linea anche il Pd e fu un successo: quasi il 55% degli elettori andarono a votare ed oltre il 95% si espresse per la cancellazione della norma e per l'affidamento dei servizi idrici a soggetti pubblici. In questi anni poco o niente è stato fatto in tal senso, ma oggi addirittura il partito che contribuì al successo di quel referendum, cambia completamente rotta e rimette di fatto in campo la norma del governo Berlusconi. Nel decreto approvato ieri alla Camera infatti si apre di nuovo ai privati definendo il servizio idrico integrato "un servizio pubblico locale di interesse economico generale che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche". Quindi i concetti che vanno contro il referendum del 2011 sono due: l'acqua vista come un bene di interesse economico sul quale si può di fatto lucrare e non un bene il cui accesso deve essere garantito a tutti, un bene la cui gestione può essere affidato anche al pubblico dove quel anche sottolinea che la norma sarebbe quella di affidarlo al privato ed in via subordinata al pubblico. Stravolto completamente il risultato del referendum. Matteo Renzi ha di fatto imposto l'inversione di rotta anche su questo argomento dopo aver stracciato del tutto il programma elettorale con il quale il Partito Democratico si presentò alle elezioni del 2013 ed in virtù del quale prese quei voti che consentono allo stesso Matteo Renzi di governare. Quindi dopo la canellazione dello statuto dei lavoratori, dopo la cancellazione del voto dei cittadini per province e senato, dopo aver reintrodotto il meccanismo dei nominati alle elezioni politiche, dopo aver concesso un premio di maggioranza al partito che vincerà le elezioni consentendo una specie di dittatura della minoranza, dopo aver invitato i cittadini a non andare a votare per il reerendum sulle trivelle, ora il Pd si appresta a cancellare un altro tassello di volontà popolare sula gestione dell'acqua. A quando il cambio di nome cancellando la voce Democratico dal nome del Partito ? Sarebbe l'unica operazione coerente di questi due anni di governo.

I tweet della giornata.




Mitico Matteo Renzi, l'uomo del tutto e del contrario di tutto. Ha appena detto che la politica è altrove, non si fa sui social, ma appena sveglio non ha potuto farne a meno: è una droga ed eccolo su twitter. La politica è altrove, noi vi aspettiamo là .... si va bene ma tu ci sarai ?

La Gelmini e la difficoltà a distinguere la destra dalla sinistra. MariaStella Gelmini a l'Aria che tira ancora confonde Renzi con la sinistra per non parlare dell'uso politico della magistratura ... ma che significa l'uso politico della magistratura ? Ah si che i politici corrotti usano la magistratura per farsi pubblicità. Gelmini studia che è meglio.

Franceschini, ministro dei beni culturali, e la geografia questa sconosciuta. Il giornale tedesco Bild parla del pericolo terrorismo sulle spiagge italiane per questa estate e Franceschini, dimostrando una cultura geografica senza limiti del suo paese, risponde in un tweet con un'immagine delle montagne e con l'azzurro del cielo. Ora o Franceschini non conosce la differenza fra mare e montagna oppura supporta la tesi del Bild invitando gli eventuali turisti ad andare appunto in montagna.

 


mercoledì 20 aprile 2016

Renzi schiuma e si scaglia contro tutti soprattutto contro la giustizia


Ieri Renzi sembrava un circondato da giustizia, giornali e rete che per difendersi ha iniziato a brandire la sua spada colpendo a destra e a sinistra senza fare distinzioni. Anche contro la rete impersonificata nei social network cioè gli strumenti principe attraverso i quali solitamente fa i suoi annunci anche prima di avvisare i i ministri del suo governo. Si capiva che era fuori dalla ragione ed era comprensibile poverino: ci sono circa 16 milioni di italiani che non seguito il suo categorico "Non andate a votare" e c'è un parlamento che lo sfiducia ogni tre per due. Insomma c'è da capirlo, non basta l'amore del padre putativo per tranquillizzarlo, anche perché quel padre ha ordinato ai suoi di appoggiare la sfiducia. Ma il buon Matteo sa benissimo che la sfiducia di Forza Italia è solo una messa in scena dato che la sfiducia stessa non passerà mai, e lui lancia i suoi messaggi di gratitudine all'ex cavaliere attaccando a mani basse la giustizia come forse nemmeno Berlusconi aveva mai fatto. Anche lui conferma che c'è in atto uno scontro fra politica e giustizia uno scontro in atto da 20-25 anni durante i quali il paese ha conosciuto "pagine di autentica barbarie legate al giustizialismo". In effetti lo scontro è iniziato quando finalmente la giustizia iniziò a mettere le mani in quel grande vaso di pandora che era la corruzione politica. Negli anni 70-80 ovunque si parlava di come fosse complicato per un imprenditore fare affari con la pubblica amministrazione: nei bar, per strada, nei luoghi di lavoro tutti sapevano che c'era un pizzo da pagare agli amministratori di un comune, provincia o regione anche solo per partecipare ad una gara. Qualcuno pensava che si trattasse di favole metropolitane fino a quando non arrivò mani pulite e mise mano a quel diffuso malcostume. Ecco da quel momento politica e giustizia hanno iniziato una lotta senza quartiere. Da una parte la giustizia che fa, ahimè, il proprio lavoro andando a indagare dove c'è da indagare, distribuendo avvisi di garanzia, e a volte, poche a dire la verità, arrivando a condanna definitiva di politici senza scrupoli. Dall'altra c'è la politica che non si arrende e continua a gestire il potere anche attraverso la corruzione che nel frattempo ha cambiato connotati: mentre prima degli anni 90 gli introiti della corruzione finivano nella casse del partito di appartenenza del politico in questione, oggi gli stessi introiti vanno in tasca del singolo politico (anche questa una consequenza della fine dei partiti intesi come tali ma diventati delle associazioni al servizio di un singolo padrone). Poi sono arrivate le intercettazioni e lo scontro si è fatto ancora più duro ma ancora una volta per un solo motivo principale: il politico non rinuncia alla corruzione, se non ci fossero politici corrotti non ci sarebbe alcun scontro con la magistratura. Ma il buon Matteo preferisce scagliarsi contro la magistratura piuttosto che contro la corruzione ed anche lui fa il finto garantista. Si perché tutti siamo garantisti e nessuno intende considerare colpevole chicchessia prima del terzo grado di giudizio, ma dal punto di vista politico il discorso è diverso qui non c'è garantismo ma c'è solo opportunità politica e morale. La politica deve usare le prove della magistratura, intercettazioni comprese, non per giudicare ma semplicemente per fare valutazioni politiche e decidere se un politico indagato o anche semplicemente sospettato o anche semplicemente scoperto a fare conversazioni con contenuto discutibile, possa continuare a svolgere la propria attività. Un politico è un uomo pubblico che decide e emana legge che regolano la vita privata dei cittadii ed il cittadino allora ha tutto il diritto di sapere se chi regola la sua vita ha un comportamento in linea con le stesse regole. Il problema non è la giustizia o l'intercettazione telefonica, il problema è il politico che non ha la consapevolezza del ruolo che occupa.

lunedì 18 aprile 2016

Risultati referendum: 14% No, 28% Si ..... 68% non gliene frega una mazza


Ancora una volta vince l'astensionismo e cioè il partito di coloro ai quali va bene tutto, non gliene importa niente. Non basta che nel referendum la scelta sia semplice: se favorevole al quesito referendario voti Si, se non sei favorevole voti No. Non c'è molto da scegliere e non ci sono altre strade. Ma la politica ha paura anche di un semplice Si o No, ha paura del cittadino che esprime il proprio pensiero ed allora si è inventata l'astensione nel referendum come una possibilità sancita dalla Costituzione. Povera Costituzione calpestata da chiunque anche dal capo del governo ed da un ex presidente della repubblica, cioè due figure che dovrebbero ricoprire due cariche il cui primo principio sarebbe quello di far rispettare e difendere la carta costituzionale. Quando si giustifica l'astensione come una scelta democratica prevista dalla costituzione poiché l'articolo 75 afferma la validità dello stesso referendum solo se vanno al voto la maggioranza degli elettori, si dimentica totalmente un altro articolo, il 48 che recita 

"Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico."

Ora come si fa a pensare che i padri costituenti abbiano voluto con l'articolo 75 dare in mano ai cittadini lo strumento dell'astensione nel caso del referendum, dopo aver sancito un principio così forte come il dovere civico nell'esercitare il diritto di voto ? E' semplicemente una stortura interpretativa del potere che vuole impedire al cittadino di esercitare un suo inalienabile diritto e impedirgli di partecipare al momento più alto dia una democrazia: il voto. Quale altro significato può avere l'invito a non partecipare al voto quando sarebbe sufficiente dare indicazione per il No, una scelta netta senza sfumature e senza problemi interpretativi. Invece si vuole limitare la democrazia lasciando poi alla politica l'interpretazione dell'astensione a proprio uso e consumo. E così una non scelta provoca un dibattito dove il non voto, ma anche il voto, è tirato da una parte all'altra. Renzi ed il suo entourage, fatto di leccapiedi, interpretano quel 68% di astensione come un plebiscito a proprio favore, Grillo interpreta quel 32% di votanti come tutti simpatizzanti del Movimento 5 Stelle, altri come Emiliano si sbracciano arrampicandosi su tutti gli specchi possibili per  far passare il concetto che il referendum è stato una vittoria del fronte anti Renzi. Sarebbe stato molto meglio che tutti fossero andati a votare, esercitando il proprio dovere civico richiesto dalla Costituzione, ed esprimendo il proprio parere, magari lasciando la scheda bianca se qualcuno non avesse avuto un'idea chiara sulla questione in merito alla quale siamo stati chiamati a votare. Invece si è scelto di seguire la strada indicata addirittura dal capo del governo, che fra l'altro ha commesso un reato consigliando l'astensione, e di dare un altro colpo alla democrazia, quei colpi che poi arriveranno poi dal referendum conferamtivo della riforma costituzionale quando quel che resta di una repubblica ex democratica verrà probabilmente stracciato via. Il potere non ha alcun interesse che i propri cittadini si esprimano con il voto, e soprattutto questo potere che ha dato più di una dimostrazione di fregarsene del paese, di appoggiare chi fa i propri interessi a discapito dell'interesse comune e che da oggi si sentirà più forte in questa opera di distruzione di uno stato democratico.

venerdì 15 aprile 2016

Nessuno può permettersi di dirci quando andare o non andare a votare: io vado e voto Si


"È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum."
Questo è quanto dice la Costituzione a proposito di referendum e da qui ad affermare che la Costituzione legittima l'astensionimso come strumento politico per contrastare un referendum ce ne corre. Ma si sa in Italia siamo abituati ad interpretare a proprio uso e consumo qualsiasi articolo di legge e ad interpretarlo in modo differente a seconda dei casi. E' scandaloso che un presidente del consiglio inviti i cittadini a non andare a votare ma forse è più scandaloso ancora che questo invito poi rivesta segno opposto a seconda della situazione. Matteo Renzi, bulletto del quartiere che occupa una poltrona non legittimamente, si lamenta alla Camera quando le opposizioni escono e non votano la contro-riforma Costituzionale per poi, uscito dalla camera, invitare i cittadini a non votare domentica 17 aprile 2016 per il famoso referendum detto delle trivelle. Un comportamento che la dice lunga sulla concezione che il capo del governo ha dei cittadini: delle marionette manovrate a proprio uso e consumo, oggi andate a votare, domani non ci andate. Stesso atteggiamento quello dell'ex presidente della repubblica Giorgio Napolitano che in occasione del referendum sull'acqua dichiarava che lui aveva sempre fatto il proprio dovere e sarebbe quindi andato a votare, mentre oggi ritiene legittimo l'invito di Matteo Renzi all'astensione. Ma per Napolitano c'è la giustificazione dell'età ormai avanzata. Basterebbe questo per andare a votare domenica: dare una lezione a questi due oppositori della democrazia.
Poi speriamo che il Si abbia il sopravvento contro le innumerevoli bugie di cui si è fatto grande uso in questi giorni (anche da parte dei fautori del Si purtroppo) per dare un segnale a quel governo, ed in primis a Matteo Renzi, che da quando si è insediato si è subito schierato con le lobby degli imprenditori ed ora con quella dei petrolieri elargendo regalie a mani basse (altro che gli 80 euro per comprarsi il voto alle elezioni europee). Un Si riporterebbe la situazione delle concessioni a prima del famigerato provvedimento che tenta di prolungare fino ad esaurimento le concessioni stesse. E cioè quando una concessione per estrazione di gas o petrolio arriva alla sua scadenza potrà essere rinnovata ma naturalmente rimodulando gli oneri a carico del concessionario anche in cosiderazione dell'impatto ambientale. Tutto qui, niente posti di lavoro che si perdono, niente pozzi che rimangono non sfruttati, niente di tutto questo. Poi come tutti i referendum su problematiche energetiche, come quello sul nucleare, se la politica non prende atto della volontà popolare e non agisce di consequenza è un altro paio di maniche. Sul nucleare vogliono farci credere che è stata un'ipocrisia perché poi l'energia, prodotta con il nucleare, l'acquistiamo dalla Francia. L'ipocrisia è della politica che non ha saputo intraprendere un piano energetico che possa ritenersi tale, caso mai coloro che hanno detto no alla energia nucleare hanno la colpa poi di votare quei partiti che erano a favore. Come accaduto sull'acqua: che senso ha votare contro la privatizzazione dell'acqua per poi alle elezioni politiche si da il proprio voto a chi è a favore della stessa privatizzazione ? Il senso è che ora il risultato di quel referendum è in pericolo. Ora ci dicono che se vince il Si le trivelle sono bloccate e compreremo il petrolio o il gas dalla Croazia, altra falsità anzi doppia falsità: le trivelle non saranno bloccate ma non avranno una concessione in bianco e anche se fossero tutte chiuse a scadenza concessioni, non compreremo niente o quasi dalla Croazia considerato che l'estrazione in mare non raggiunge nemmeno il 2% del nostro fabbisogno. 

mercoledì 13 aprile 2016

Referendum trivelle: che sia un NO o che sia un SI (meglio) votare è un diritto irrinunciabile


Il referendum del 17 aprile sulle concessioni delle trivelle (denominato erroneamente Referendum sulle trivelle) dopo essere partito in sordina sta assumendo un'importanza sempre maggiore che va oltre il quesito referendario vero e proprio. Intanto c'è da sottolineare un fatto storico relativamente alle stagioni referendarie di questo paese: è il primo referendum promosso dalle regioni molte della quali amministrate dal partito di governo. Quindi non si tratta di un referendum promosso da una platea faziosa di cittadini e partiti, quanto piuttosto un referendum istituzionale voluto da amministrazioni territoriali come le regioni. Questo "piccolo" dettaglio rende ancora più assurdo e inquietante l'invito del presidente del consiglio rivolto ai cittadini affinché si astengano dal voto. Attenzione non di andare a votare No sostenendo i provvedimenti del governo quanto piuttosto di non pronunciarsi: come dire non vi pronunciate questa è una questione nostra. Già una questione però che riguarda il "nostro" mare, il "nostro" ambiente e i "nostri" soldi. Il cittadino è trattato come un burattino le cui fila sono tenute da Matteo Renzi il quale decide quando deve andare a votare e quando no e possibilmente anche cosa votare quando ci gli è concesso di andare. Questo sarebbe già un buon motivo per andare a votare, non importa se per il Si o per il No ma votare per difendere un sacrosanto diritto che nessuno può suggerire quando esercitarlo e quando no. Senza contare che l'invito all'astensione arriva proprio da un politico che è arrivato al governo senza sottoporsi ad al voto popolare come aveva promesso, sfruttando i voti presi da altri ma soprattutto attuando un programma di governo diverso da quello presentato in occasione del voto. Il voto in un referendum dovrebbe fra l'altro prescindere dalle proprie tendenze politiche in quanto non si vota per un partito o per un altro ma in merito ad una questione che solitamente riguarda la vita di tutti. Non ci sono ideologie dietro ma semplicemente una questione sulla quale si può essere più o meno favorevole. Certo un referendum come questo può essere complicato da capire fino in fondo rispetto per esempio ad un referendum come aborto si o aborto no, divorzio si o divorzio no, tempi meno complicati e soprattutto più vicini alla vita di tutti i giorni del cittadino. Capire esattamente che cosa si vada a votare è reso ancora più complicato dalla ridondanza di informazione, troppa informazione finisce per creare rumore e disturbo fino a rendere più difficile la percezione del significato del referendum. Ma abdicare in questo caso significherebbe anche alzare bandiera bianca ed accettare di essere manovrati dal un presidente del consiglio che guida una legislatura anticostituzionale.

martedì 12 aprile 2016

12 Aprile 2016: il Partito Democratico uccide la democrazia .... ora tocca ai cittadini






Ecco il governo che oggi 12 aprile 2016 ha dato un altro colpo alla democrazia facendo approvare la riforma della Costituzione Italiana. Il primo colpo era stato dato con l'approvazione della legge elettorale denominata Italicum, un legge che, in associazione a quanto previsto dalla nuova costituzione, trasformerà la repubblica italiana da una democrazia parlamentare in una democrazia partitica. Grazie al permio di maggioranza previsto dall'Italicum ed all'abolizione del Senato elettivo, alle prossime elezioni politiche il potere sarà affidato interamente ad un singolo partito anche se minoritario nel paese. Ora la parola passerà ai cittadini che, grazie al referendum sulla costituzione e probabilmente anche a quello sulla legge elettorale, potranno riprendersi in mano la democrazia dopo l'attacco indiscriminato di Renzi e del suo Partito Democratico. L'assurdo è che questa operazione è stata portata a termine da un partito che nel suo nome fa riferimento alla democrazia, ma che si è affidato ad un uomo, Matteo Renzi, che già dalle elezioni primarie che lo portarono alla guida del Pd dichiarò senza mezzi termini che il suo obiettivo era fare breccia a destra. E come avrebbe potuto aprire questa breccia se non attuando politiche che con la sinistra e con la storia del partito del quale è diventato segretario non hanno niente a che fare ? Renzi ha ipnotizzato l'ala sinistra del carrozzone del Partito Democratico, ha portato a se quelle schiere del centro destra (Alfano e Verdini) che gli servivano per attuare il suo malefico piano ed ha attuato le due riforme ammazza democrazia in un parlamento deserto se non per i banchi della sua maggioranza. Così il paese si ritrova con una nuova legge elettorale, peggiore della precedente e probabilmente ancora una volta incostituzionale, con una nuova costituzione, con il potere dei cittadini quasi del tutto annullato, il tutto grazie ad un parlamento di fatto illegittimo ed un governo che attua un programma votato da nessuno. Ora il pallino passa in mano ai cittadini che potranno respingere questo volento attacco alla democrazia ed anche rimandare a casa un capo di governo che non si è mai sottoposto al voto. Di fatto anche questa è una stortura in quanto le modifiche costituzionali sono una prerogativa del parlamento e non certo del governo e legare il proprio destino al risultato di un referendum costituzionale è una mossa scorretta che ha il sapore del ricatto. Un primo assaggio si potrebbe avere già il prossimo 17 aprile quando si svolgerà il referendum sulle concessioni delle piattafrome estrattive, il presidente del consiglio si è speso per l'astensione e se il referendum raggiungerà invece il quorum sarebbe un bel segnale per il borioso ed arrogante Matteo Renzi.

lunedì 11 aprile 2016

Tre civette sul comò .....


Se domani ci fossero le elezioni sarebbe una bella gatta da peare per il cittadino italiano che ha a cuore le sorti del proprio paese ormai completamente allo sbando. Si dovrebbe decidere fra tre personaggi, ognuno dei quali a modo suo inaffidabile per il governo di un paese moderno che aspira a collocarsi fra i grandi del pianeta. La scelta dovrebbe cadere fra questi tre leader che hanno stravolto la politica proseguendo di fatto l'opera berlusconiana: la completa rottamazione del partito politico, il fondamento e pilastro della democrazia, per passare a formazioni politiche ad personam nella quali ciò che conta è il leader, il capo.
Dei tre probabilmente il più defilato è Grillo che di fatto guida si un movimento, ma in realtà non è impeganto in prima persona nella competizione politica e non si candida per alcuna poltrona. Certo è che lui, insieme alla mente del movimento 5 stelle e cioè Casaleggio, sono la guida sprituale del movimento e intervengono sia per fornire le direttive dell'azione politica sia per riprendere fino ad arrivare all'espulsione di coloro che in qualche modo si discostano dalla linea politica dettata dalla Casaleggio Associati. Il buon Grillo ogn tanto ne combina una sfruttando la sua doppia personalità, quella del comico e quella del politico, per cui quando esterna il suo pensiero non si sa mai se sia il politico che parla o il comico. Domenica scorsa ha ironizzato sulla sua figura distribuendo a qualche adepto del movimento il "proprio corpo" sotto forma di grilli fritti. Affidare il paese ad un movimento che obbedisce agli ordini di un personaggio simile forse sarebbe un vero e proprio shock ma forse anche il modo per definitivamente far scendere nel baratro il paese.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, non perde occasione per mostrare i muscoli e la sua indole fascista mascherata da felbe e camice verdi. E' ossessionato dalla caccia all'extracomunitario e dal pericolo di un'invasione di disperati che fuggono dai territori dove abbiamo portato la guerra e dove lui non esiterebbe a portarla ancora. La sua ossessione sommata ad una "ignoranza" cronica e ad un populismo senza confini lo ha fatto sbroccare ieri contro il "povero" Presidente della Repubblica che semplicemente parlava di vini e di frontiere relative alle esportazioni del nostro prodotto principe. Ma alla parola frontiere il "duro" Salvini si è scagliato contro Mattarella ricoprendolo di insulti interpretando il suo discorso come la volontà di aprire le frontiere. Insomma possiamo affidarci a chi non è capace nemmeno di distinguere quando si parla di vino, di pasta o di esseri umani ?
E infine il terzo della triade: Matteo Renzi il presunto rottamatore. Lui sta al governo ed a differenza degli altri tre è forse più facile giudicare il suo operato. Certo si può essere favorevoli o contrari alle riforme che sta portando avanti "imponendole" al paese ma come si può accettare che metta in atto la più invasiva riforma della Costituzione Italiana portandola avanti da solo in completo isolamento, rifiutando il confronto con le opposizioni e soprattutto con un parlamento eletto con una legge incostituzionale. E che dire della personalizzazione del prossimo referendum proprio su questo stravolgimento della costituzione, trasformandolo in un referendum sul governo ed in particolare proprio su se stesso. Insomma le riforme ed i provvedimenti che sta portando avanti questo governo possono essere più o meno condivisibili nella sostanza, ma certamente le modalità attraverso le quali sono approvate dimostrano, se ce ne fosse bisogno, l'insofferenza per la democrazia e per le istituzioni, sulle quali si fonda la democrazia stessa, da parte del capo del governo. Insomma come gli è stato detto proprio durante l'ultima direzione del partito, Matteo Renzi è semplicemente un arrogante che non ha la statura da uomo di governo, ma soprattutto appare molto incline al favorire imprese ed imprenditori senza scrupoli come dimostrano le ricente vicende relative alle trivelle ed allo sfruttamento di Tempa Rossa.
 

giovedì 7 aprile 2016

Le bugie hanno .... le trivelle corte


C'è voluto del tempo ma finalmente qualche certezza è stata finalmente raggiunta in merito al referendum del 17 aprile sulle concessione delle trivellazioni per metano e petolio in mare entro le 12 miglia. Purtroppo tutti hanno contribuito a creare confusione sia i proponenti del referendum, sia i fautori del si, che i fautori del no che soprattutto il governo o meglio Matteo Renzi. Si perché dopo gli ultimi avvenimenti in merito al caso del ministro Guidi ormai è chiaro che il governo si riduce ad un solo uomo, Matteo Renzi, che fa e disfa, che propone e dispone provvedimenti, decreti ed emendamenti mentre tutti gli altri ministri non sono che dei semplici esecutori. Matteo Renzi si presenta in rete, sui social network, su Facebook e Twitter, o nei salotti del pettegolezzo televisivo e fa i suoi annunci, come l'ultimo sull'ennesima eleargizione di 80 euro, e gli altri ministri sono costretti poi a mettere le pezze per costruire decreti ed emendamenti. Ma torniamo alle trivelle ed al referendum del 17 aprile. La confusione è stata totale e ci è voluto del tempo per fare un minimo di chiarezza e capire che il problema delle concessioni per le trivellazioni si inquadra in un contesto molto più ampio di una politica del capo del governo tutta rivolta agli imprenditori piuttosto che a tutta la società e soprattutto alle classi sociali più martoriate dalla crisi economica. Il decreto delle trivelle rientra quindi in una strategia politica ben definita al grido o meglio con l'hastag come si dice oggi #italiacheriparte: quella degli sgravi fiscali alle imprese che assumono, quella del licenziamento libero mediante la cancellazione delle tutele previste dallo statuto dei lavoratori, quella del decreto su Tempa Rossa. In realtà non riparte niente perché terminati i soldi per gli sgravi ficali le imprese non assumono più e saranno libere di licenziare, perché il decreto Tempa Rossa di fatto fa un grande favore alla Total che in qesto modo può fregarsene di eventuali rimborsi dovuti, in particolare alla Puglia, per recuperare gli inevitabili impatti ambientali. E il provvedimento sulle trivelle segue di fatto la stessa linea. Il provvedmento prolunga, fino ad esaurimento dei giacimenti, le concessioni alle compagnie che estraggono gas e petrolio. Il referendum intende annullare questo regalo alle suddette compagnie riportando la situazione a prima del provvedimento oggetto della consultazione. Se vincerà il Si quindi la concessione per le varie compagnie avrà una scadenza come perevisto e non si protrarrà fino ad esaurimento del pozzo. Ma attenzione qui sta la bugia di Matteo Renzi: non è vero che scaduta la concessione il giacimento rimarrà inutilizzato e si perderanno posti di lavoro. Piuttosto si tornerà alla situazione precedente al decreto e quindi la concessionaria potrà chiedere il prolungamento della concessione e quindi continuare con le estrazioni salvo naturalmente una nuov modulazione del contratto di concessione anche in virtù degli impatti ambientali. Tutto qui l'inghippo: se vince il No o peggio ancora se il referendum non raggiungerà il quorum le concessionarie delle trivellazioni potranno continuare le estrazioni di greggio e gas senza nessuna rimodulazione o controllo, se vince il Si ed il referendum naturalmente raggiunge il quorum le concessioni scadranno come previsto dai vari contratti ma potranno essere comunque essere rinnovate qualora il giacimento non sia esaurito ed in questo caso quindi con nuove condizioni che terranno conto di eventuali impatti ambientali negativi. Tutto qui, nessun spreco, niente posti di lavoro perduti o fantasie di questo genere. Lo spreco lo sta semplicemente mettendo in atto Matteo Renzi prima impedendo che il referendum si svolgesse insieme alle elezioni amministrative con un notevole risparmio finanziario, e poi invitando i cittadini a non andare a votare schierandosi in questo atteggiamento antidemocratico e scorretto. Ma che il presidente del consiglio digerisca male la democrazia lo si è imparato ormai da quando è arrivato a Palazzo Chigi ed ha messo in campo una serie di riforme ammazzademocrazia.

mercoledì 6 aprile 2016

Da Bandiera rossa a Tempa rossa passando per le trivelle


Alla fine il Partito Democratico di Renzi non abbandona il colore che fu dell'antenato Partito Comunista Italiano, il rosso va sempre forte. Certo ai tempi del PCI il rosso era il simbolo che stava dalla parte dei lavoratori nella lotta di classe contro i capitalisti (quelli che oggi vengono chiamati in maniera molto più soft semplicemente imprenditori), oggi il rosso invece sta dalla parte opposta e nello specifico dei petrolieri, ma questi sono dettagli. Ancora qualche mese ed il buon Matteo avrà fatto terra bruciata della storia del più grande partito comunista europeo ed avrà trasformato definitivamente il PD in un partito senza connotati, senza storia, senza ideologia, una specie di partito padronale al servizio dell'ex capo boy scout. Anche il termine democratico ormai assolve solo alla funzione di specchietto per le allodole o meglio per gli allocchi, perché le ultime vicende dimostrano ampiamente quanto la democrazia sia ogni giorno calpestata sia nella formazione politica della quale Renzi è il segretario sia naturalmente nel governo che presiede nel quale di fatto decide tutto lui. Non per niente in questi giorni si assiste allo squallido spettacolo di un capo di governo di una repubblica, la cui Costituzione definisce democratica, che invita i cittadini a non andare a votare e cioè ad esercitare un loro sacrosanto diritto in uno dei momenti clou della vita democratica di un paese: la consultazione referendaria. Un invito vergognoso che la dice lunga sul concetto di democrazia del presidente del consiglio il quale non vuole correre il rischio di raggiungere il quorum. Si perché se nel referendum del 17 aprile si raggiungesse il quorum e magari vincesse il Si si scoprirebbero anche le tante falsità sparse a mani basse da Matteo Renzi. Una su tutte lo spreco derivante dall'interruzione dello sfruttamento dei giacimenti a scadenza delle concessioni. Falso perché ritornerebbe in vigore la vecchia normativa che prevede l'eventuale rinnovo delle concessioni a fronte di qualche verifica e controllo ambientale al quale dovrebbero sottoporsi i concessionari. Basterebbe solo questo atteggiamento per pretendere le sue dimissioni da parte di un popolo che avesse a cuore la democrazia. Ma l'Italia è un paese ormai dormiente. Un paese che "sopporta" ormai di tutto. Un provvedimento del governo, respinto in commissione, viene poi inserito sotto forma di emendamento in una legge dal nome fantasioso di "Sblocca Italia" approvata grazie all'ennesimo voto di fiducia, passando sopra le teste del parlamento ma, nel caso di Tempa rossa, anche delle regioni a favore naturalmente di una compagnia petrolifera. Una ministra che si affretta a tranquillizzare il proprio compagno, in affari con il petrolio, sull'approvazione dello stesso emendamento che viene scoperta per caso grazie ad una intercettazione. La ministra si dimette, solo perché la sua marachella è stata scoperta, ma non dovrebbe anche dimettersi il presidente del consiglio considerato che l'ha proposta per quell'incarico facendo finta di non sapere del suo conflitto di interessi e considerato che l'emendamento incriminato è opera dello stesso Renzi ? E' vero ci sarà una questione di sfiducia al governo posta dalle opposizioni in parlamento, ma, considerati i numeri e considerato che la "presunta" minoranza del Pd strilla in direzione ma poi vota con la coda fra le gambe in parlamento, il voto si risolverà nella solita bolla di sapone. Ed il pallino tornerà in mano ai cittadini che già dal prossimo 17 aprile dovrenno decidere se iniziare a minare le basi a questo governo o accettare supini di essere trattati come un gregge di pecore.

venerdì 1 aprile 2016

I veri trivellatori di questo paese: i politici


Non c'è referendum che tenga, non c'è governo che tenga, non c'è politico che tenga alla fine chi trivella da decenni questo paese e continuerà a farlo è la politica di qualsiasi colore  e di qualsiasi parte. Si è un discorso populista e forse anche qualunquista ma i fatti sono evidenti e purtoppo sconcertanti tanto che al popolo italiano andrebbe assegnato il nobel per la sopportazione oppure per la cretinaggine, scegliete voi. Da quando è stato scoperchiato il vaso di tangentopoli (ma nei discorsi al bar o fra le mura domestiche la storia della corruzione era già ampiamente conosciuta) è stato un susseguirsi di fatti che continuamente dimostrano quanto la corruzione ed il clientelismo siano floridi nella politica italiana. E tutti ne sono coinvolti, chi più chi meno ma tutti compreso "i vergini" grillini nonostante le loro limitate fette di potere. Chi arriva al potere in Italia alla fine riesce a combinare qualche truffa piccola o grande che sia. Anche chi era distante dalla politica come lo è l'ex ministro Guidi. L'ultima vicenda che ha portato alle dimissioni del ministro o della ministra come preferite (a dimostrazione che anche la corruzione non h disparità di genere) ha del surreale. Mentre nel paese è in atto la campagna per un referendum molto discusso proprio sulle piattaforme in mare per l'estrazione di combustibile fossile (per di più metano), una campagna che ha portato il presidente del consiglio ha invitare i cittadini a non andare a votare (già questo invito dovrebbe essere sufficiente per chiedere le dimissioni di un governo che con la democrazia non ha niente a che vedere), ecco che si scopre che un ministro sta proprio lavorando per far passare un emendamento che possa favorire il proprio compagno e proprio in tema di estrazione di petrolio. E la ministra in questione, Federica Guidi, nelle sue confidenze coinvolge anche un'altra ministra, Maria Elena Boschi, la pupilla del presidente del consiglio Renzi, dalla quale passa quasi ogni provvedimento del governo. E Matteo Renzi naturalmente non ne sapeva niente ma guarda caso in occasione del prossimo referendum sulle concessione delle piattaforme entro le 12 miglia invita il paese a non andare a votare. Siamo alla follia pura. Un capo di governo che fra l'altro fa parte di una coalizione internazionale per esportare la democrazia, invita i propri cittadini a non partecipare alla espressione più alta della democrazia: una consultazione referendaria. In qualsiasi paese veramente democratico ci sarebbero tutti gli estremi affinché i cittadini scendano in piazza e chiedano le dimissioni non di un ministro ma dell'intero governo. Ma l'Italia non è più ormai un paese democratico quanto piuttosto un paese di anestetizzati ....