lunedì 27 novembre 2017

La lotta alle bufale (fake news) inizia proprio dalla politica


La parola d'ordine della politica di questi ultimi giorni di novembre è una sola: lotta alle fake news o meglio, visto che siamo in Italia, lotta alle bufale o alle notizie false. Tutti dal centro destra, al Movimento 5 Stelle per finire al Pd di Renzi promettono un guerra a chi sparge notizie false in rete addirittura preparando provvedimenti di leggi che hanno l'obiettivo di frenare la diffusione di queste notizie soprattutto sui social network. Purtroppo la politica ancora una volta non affronta il nodo centrale della questione. Chi ha iniziato e chi prosegue ancora oggi a indossare le vesti dell'untore spargendo falsità a piene mani se non la politica stessa ? Gli esempi sono innumerevoli ma naturalmente la politica, ormai irrimediabilmente distante dalla realtà del paese, dimentica facilmente questo suo ruolo vestito in nome della raccolta di voti. Non è una bufala ritrovare ancora dopo 25 anni Berlusconi in televisione che parla del suo programma di governo che è sempre lo stesso degli ultimi suoi tre governi ? Pensioni minime, lavoro, diminuzione delle tasse, riforma della giustizia, governo fatto da non politici e via dicendo. L'unica novità dell'ex cavaliere sta nel non nominare più i comunisti ma di individuare nel M5S stelle la rovina per il paese perché i loro rappresentati non hanno mai lavorato (stessa cosa diceva dei comunisti nel 1994). E non è una bufala presentare agli elettori il simbolo di Forza Italia con la dicitura "Berlusconi Presidente" sapendo che Berlusconi non sarà eleggibile e quindi sarà presidente del niente ingannando però i cittadini che lo andranno a votare. E che dire della sua previsione sulle prossime elezioni che fissa a circa il 40% il risultato che il centro destra otterrà, un modo come un altro per far circolare notizie false. Senza poi dimenticare che il buon Silvio non è candidabile né eleggibile perché condannato per fride fiscale e quindi un "bufalaro" certificato. 
E che dire del suo presunto competitor, Matteo Renzi segretario del Partito Democratico, uno dei maggiori spara-bufale della politica italiana tanto da insidiare il primato del buon Silvio Berlusconi. Le sue chichiarazioni sono ormai famose e se ne potrebbe fare un libro dal "Mai al governo senza passare per le elezioni" e "Letta stai sereno", le prime bufale sparate prima di andare al governo, per arrivare al famoso "Se perdo il referendum del 4 dicembre  non solo mi dimetto da presidente del consiglio ma smetto di fare politica" salvo poi ritrovarlo dopo pochi mesi nel mezzo della competizione politica. A dire il vero una bufala a metà considerato che da capo del governo si è realmente dimesso. Ma poi il "popolo del Pd" lo ha rivotato per la carica del segretario del partito ed allora è dovuto tornare, dimenticando di dire che chi lo ha votato alle ultime primarie del Partito Democratico non è proprio il popolo del Pd considerato che chiunque poteva andare a votare con il versamento di 2 euro. Questa è la bufala più clamorosa del buon Matteo ma nel suo carnet se ne annoverano altro come quella sulla legge elettorale che tutto il mondo ci avrebbe copiato, l'Italicum, salvo poi essere stata bocciata dalla Corte Costituzionale. Ora Renzi si ripresenta alla guida del Pd alle prossime elezioni e, udite udite, ritorna alla carica con  i suoi 80 euro da elargire ad un'altra platea di possibili candidati, tanto per reinvestire quelle cifre recuperate da coloro che gli 80 euro delle elezioni europee hanno dovuto resituirle.
E per finire arriviamo al terzo polo della politica italiana, il Movimento 5 Stelle, che ha raccolto fra le proprie file un campionari di dispensatori di bufale senza precedenti. Dalle scie chimiche, alle sirene, ai no vax e chi più ne ha più ne metta. Sono bufale più rozze e più facilmente contestabili anche perché distribuite con la presunzione di avere la verità anche scientifica in tasca, quindi talmente contestabili che hanno vita corta. In quanto al futuro progamma del M5S alle proprie elezioni, dopo essere nati con il VaffaDay, oggi si sono trasformati a tal punto che il futuro "candidato premier" (bufala gigantesca in quanto la nostra Costituzione non prevede l'elezione del capo del governo con il voto popolare e quindi non esiste il candidato premier) è andato negli Stati Uniti a cercare l'investitura ed a garantire la propria fedeltà allo stato imperialista, proprio come facevano i vecchi presidenti del consiglio democristiani, insomma niente di nuovo sotto il sole.

mercoledì 15 novembre 2017

E anche l'Italia calcistica ha il suo Schettino


Fra  tanti aspetti deludenti e tristi della partita Italia-Svezia, atto finale di un percorso che che ci ha portato fuori dal mondiale 2018, pochi hanno posto l'accento sulla figura del mister Ventura. Non parlo di scelte tecniche o tattiche, in Italia si sa siamo tutti allenatori soprattutto quando gioca la Nazionale ed ognuno ha la sua soluzione (fra giocare questo o quello, adottare un modulo piuttosto che un altro), ma di quella capacità di gestire un gruppo come la nazionale di calcio che poi è la dote maggiore che un allenatore degli azzurri dovrebbe avere. L'allenatore della nazionale vede i propri giocatori per pochi giorni all'anno e non può avere il tempo di impostare un modulo e tutti i meccanismi necessari affinchè in campo tutto funzioni nel mgliore dei modi. Il tecnico della nazionale deve mettere in campo quei giocatori che secondo lui possono amalgamarsi nel migliore dei modi, sia dal punto di vista tattico/tecnico che caratteriale, e fare piccoli aggiustamenti ma poi si deve affidare alle capacità del singolo ad adattarsi al gruppo. Le doti essenziali però, soprattutto nelle fasi di qualificazioni ai mondiali o agli europei, sono quelle dell'autorevolezza e della capacità di guidare un gruppo eterogeneo e non sempre facile da amalgamare. In questo atteggiamento Ventura ha fallito ed ha fallito proprio nel momento in cui sono sorte le difficoltà e cioè dalla sconfitta per 3 a 0 con la Spagna. La riunione dei giocatori senza lo staff tecnico è stato il primo episodio che ha sancito il distacco del gruppo dal mister azzurro e le partite che ne sono seguite lo hanno dimostrato. Poi c'è l'episodio di De Rossi che si rifiuta di andare a scaldarsi nella partita con la Svezia perché secondo lui servivano attaccanti, per finire con il fuggire davanti alle telecamere dopo la sconfitta lasciando il testimone a Gigi Buffon. E oggi dopo due giorni ancora nessuna dichiarazione del tecnico. Un comportamento che non può essere adottato da chi svolge il ruolo di tacnico di una squadra di calcio ma di qualunque altra compagine sportiva, il problema sta tutto lì. Poi si può discutere all'inifinito su quel o quell'altro giocatore (in questo caso non vedo però chi avesse potuto far giocare Ventura, o sui motivi di questa sconfitta (troppi stranieri ma nel 1966 sconfitti dalla Corea del Nord gli stranieri non c'erano e nel 2006 ce n'erano eccome, dei settori giovanili che non esistono più ma non esistono più da anni, dello strapotere delle televisioni ma in questo caso è colpa nostra che facciamo gli abbonamenti) o su tante altre questioni salvo poi rimetterle da parte fra due anni se la nazionale si comporterà bene agli europei. Certo che non fare niente non si può ma ormai è dal 2006 che non si fa niente dopo le brutte figure in Sud Africa ed in Brasile, quindi niente di nuovo sotto il sole. Forse si cambierà allenatore, forse il presidente della FIGC ma alla prossima occasione o nasce qualche campione o i problemi saranno gli stessi di oggi.

giovedì 9 novembre 2017

Lo sciopero contro i ceti medio bassi


Si potrebbe dire che non esiste più lo sciopero di una volta ma la situazione è anche peggiore: di fatto non esiste più lo sciopero come strumento di lotta e di rivendicazione dei lavoratori. In questi anni i lavoratori sono stati progressivamente depredati di diritti elementari conquistatsi con lotte anche cruente ed miglia di ore di sciopero. Con l'acuirsi della crisi economica questi diritti sono stati progressivamente erosi a partire dallo sciopero (ormai con tutte le regolamentazioni possibili è diventato uno strumento di lotta inutile), per finire al lavoro in via di trasformazione progressiva da stabile a precario e mal pagato, passando dallo statuto dei lavoratori e dal famoso articolo 18. L'articolo 18 è proprio il simbolo di questa guerra contro i lavoratori portata avanti proprio da un partito che si definiva di sinistra. Questo articolo è stato considerato un privilegio perché non riguardava tutte la categorie dei lavoratori e quindi come tale è stato abolito, in realtà si trattava di una tutela del lavoratore contro il padrone o imprenditore, riservato si ad alcune categorie, ma come tale andava esteso a tutti i lavoratori e non cacellato. Ma torniamo allo sciopero. Quasta forma di lotta è stata negli anni regolamentata a tal punto che siamo arrivati all'assurdo che per fare uno sciopero è quasi necessario presentare una domanda e ricevere un'autorizzazione, cancellando quindi l'efficacia di un simile strumento. Oggi c'è stato un ulteriore passo avanti nella delegittimazione dello sciopero arrivando a indire uno sciopero indirizzato a colpire solo una categoria di utenti del servizio pubblico.

Il personale delle ferrovie organizza uno sciopero dal quale però sono escluse Le frecce che viaggeranno regolarmente, come recita il sito delle ferrovie. Non più uno sciopero quindi contro il datore di lavoro ma contro l'utente appartenente al ceto medio basso. Le frecce si sa sono treni il cui costo del biglietto è il doppio dei treni intercity e regionali, treni quest'ultimi utilizzati dalla massa dei pendolari che si sposta con questo mezzo. Uno sciopero quindi classista che alla fine non penalizza certo l'azienda. Non si è ma visto uno sciopero del genere. Naturalmente in questa deligittimazione di questo strumento di lotta hanno una grande responsabilità tutti coloro che dovrebbero in qualche modo stare dalla parte dei lavoratori e quindi sindacati e partiti di sinistra, ammesso che questi esistano ancora.

mercoledì 8 novembre 2017

Sicilia-Ostia: nessuno ha vinto ... ma ha perso la democrazia






Come al solito dopo ogni tornata elettorate di qualsiasi genere, ci dobbiamo sorbire un'abbuffata di commenti e analisi da parte dei vari schieramenti politici. Non si tratta mai di analisi oggettive basate sui dati più salienti, ma sempre orientate nel verso di che si cimenta nel commento post voto a tal punto che lo stesso dato numerico può assumere significati opposti e contrari. Alla fine, se pur con sfumature diverse, chi ha perso trova sempre un motivo per ritenersi soddisfatto e per trovare un aspetto perdente anche su chi ha vinto, chi ha vinto esulta anche se in presenza di dati non del tutto positivo, chi ha pareggiato ha comunque vinto dichiarando perdente tutto il resto della combriccola. L'aspetto più desolante è che poi, alle prossime elezioni, di fatto non sarà cambiato niente indipendentemente da chi ha governato. Ma forse ancora più desolante è il fatto che qualunque formazione politica tralascia un dato che sta diventandotalmente cronico nel nostro paese, da mettere in discussione perfino la democrazia e la validità delle votazione: l'astensionismo. Ormai siamo al punto che la maggioranza dei cittadini non va a votare. In Sicilia hanno votato il 46% degli aventi diritto e ad Ostia il 37%. Ora in demcorazia la regola è che la maggioranza dovrebbe avere il diritto di governare, ma se la maggioranza dei cittadini non va a votare con quale titolo la formazione politica che vince una elezioni si prende la responsabilità del governo ? E soprattutto se la politica tutta, vincenti e perdenti, dopo un risultato del genere non fa assolutamente niente per riconquistare la fiducia dei cittadini (in sicilia si è ripetuto lo stesso livello di astensione di cinque anni fa) non dovrebbe avere il buon senso di .... ritirarsi a vita privata ? Personalmente non condivido l'astensione in quanto, come è stato dimostrato in questi anni, nessuno si preoccupa del cittadino che non va a votare. Le analisi e i commenti sono ristretti semplicemente sul risultato relativo ai votanti, ma se i votanti sono una minoranza dell'elettorato questo non importa assolutamente a nessuno e tutti vanno per la loro strada. Un altro aspetto inquietante si è verificato a Ostia dove i fascisti di Forza Nuova hanno ottenuto quasi il 10% dei voti, percentuale che con il livello di astensione corrisponderebbe al 3,7% circa dell'elettorato ma che in seguito all'astensione ha consentito a questi fascisti di ottenere dei seggi. L'unico commento ha questo risultato preoccupante è stato questo: "Beh sta succedendo in tutta europa" quindi una specie di rassegnazione ad una rinascita della destra più pericolosa che potrebbe essere il preludio di qualcosa di ancora più tragico. Per il resto tutta la politica che ha partecipato alle elezioni siciliane non lascia intravedere alcun barlume di luce e l'astensione sarà un partito destinato ad avere la maggioranza indipendentemente dalla legge elettorale e dai meccanismi artificiosi studiati per far prevalere quello o quell'altro. Il tunnel della crisi politica è ancora lungo e buio e se ne portà uscire solo quando si capirà che non andare a votare non risolve niente se non si mettono in campo anche altre forme di protesta contro questa politica becera.

lunedì 6 novembre 2017

A Renzi nessuno ha spiegato che a copiare ci si rimette sempre.

Tanto tuonò che piovve ma lui vedeva sempre il sole o almeno faceva finta di vederlo. Il buon Matteo Renzi dopo essere ricordato come il più giovane presidente del consiglio italiano probabilmente sarà ricordato come il politico con la parabola più veloce: diventato segretario del partito alla fine del 2013, arrivato alla presidenza del conmsiglio nel febbraio 2014, ha raggiunto il 40% alle elezioni europee e da quel momento in poi è stato un rotolare continuo fino alle elezioni siciliane e del comune di ostia dove il Pd scende sotto il 20%. Alle elezioni europee del 2014 Renzi non aveva ancora scoperto le proprie carte che erano quelle di traghettare il Pd verso destra. In molti furono offuscati dal bonus degli 80 euro, dopo anni di crisi dura era un primo segnale venduto dal segretario del Partito Democratico come una riduzione di tasse. In realtà era un semplice bonus che oltre ad essere stato elargito sottoforma di mancia, non toccava nemmeno le classi più povere del paese. Poi è accaduto di tutto. La riforma del Jobs Act con la cancellazione dell'articolo 18 tanto voluta dal centro destra, una riforma costituzionale che ricalcava in parte quella di Berlusconi con la cancellazione del voto popolare per il Senato con una riforma elettorale, l'Italicum, che ricopiava il Porcellum con premi di maggioranza esagerati e mancanza delle preferenze. Dopo la bocciatura di entrambe le riforme, quella costituzionale con il voto popolare quella dell'Italicum con la sentenza della corte costituzionale, Renzi non abbandona la politica come promesso ma ritorna a presentarsi con nuove primarie nelle quali il numero di votanti crolla ancora. Intanto dopo le elezioni europee in ogni competizione elettorali il Partito Democratico perde inesorabilmente voti e perde ragioni e comuni. Intanto il problema dell'immigrazione si fa critico e Renzi tenta di recuperare terreno buttandosi sul terreno della Lega ed utilizzando gli stessi slogan. Poi manda Minniti al ministero dell'interni che prende provvedimenti cari alla destra. Insomma Renzi prosegue nella sua linea politica dichiarata da sempre ma forse sfuggita ai fans del Partito Democratico: cercare di andare a prendere voti a destra. Perché secondo il vangelo di Matteo da Rignano le elezioni si vincono andando a prendere voti dal nemico. Ma come si mette in pratica questa strategia ? Semplicemente mettendo in atto politiche di destra ed essendo il Partito Democratico il partito di maggioranza, questo programma gli riesce bene. Peccato che la storia del Pd sia di tutt'altro segno ed ecco che oltre a riforme catastrofiche, Matteo Renzi ottiene anche il risultato di sfasciare il partito che, dopo una strenua resistenza, perde pezzi uno dietro l'altro. Fino ad arrivare all'approvazione della nuova legge elettorale, un altro regalo al centro destra che la vota, ma soprattutto seguendo un metodo autoritario: il voto di fiducia. In seguito a questa vicenda il Pd perde un altro pezzo da novanta: il presidente del Senato, Grasso, che lascia il gruppo parlamentare. Renzi non ha messo in conto che per prendere voti a destra avrebbe dovuto mettere in campo politiche di destra, ma un elettore di quello schieramento politico perché dovrebbe votare il Pd che fa politiche come se fosse Forza Italia o Lega quando può votare comodamente l'originale ? Ora con le elezioni politiche ormai vicine è tardi per invertire la rotta ed il paese, probabilmente, si ritroverà ad essere consegnato ancora una volta a Berlusconi e company. A condizione però che nel 2018 ci sia ancora qualcuno disposto ad andare a votare.

giovedì 2 novembre 2017

La politica al giorno d'oggi: tutti contro tutti a suon di vaffa

La politica della così detta seconda repubblica, iniziata più o meno con l'ingresso in politica di Silvio Berlusconi, fu subito connotata da un linguaggio politico ed una propaganda più indirizza vero la denigrazione se non la vera e propria offesa dell'avversario più che alla diffusione delle proprie idee. Proprio Berlusconi mise il dibattito politico su questo piano (memorabile la sua frase "non penso che gli italiani sian così coglioni di votare a sinistra") e la sinistra gli andò subito dietro non sapendo fare di meglio. Un atteggiamento che di solito maschera la mancanza di un progetto vero e soprattutto presentabile. L'ex cavaliere aveva sicuramente il suo, quello di stare il più lontano possibile dalla giustizia anche attraverso leggi tagliata a suo uso e consumo, ma la sinistra avrebbe dovuto combatterlo con armi diverse piuttosto che scendere al suo livello e quindi garantendo al Berlusca tre governi ed una vita politica che ancora non è terminata. Per combattere una politica sempre più distante dai bisogni reali della gente, prese vigore il movimento creato da Grillo che però si presentò ufficialmente come un movimento politico con la famosa giornata del "Vaffa". Quindi nasceva un nuovo movimento politico il cui manifesto programmatico era semplicissimo: mandare a quel paese tutti. Insomma la scuola berlusconiana faceva nuovi proseliti ancora. Oggi siamo ormai all'eccesso e sia la campagna elettorale siciliana che quella nazionale ormai avviata , non si discostano molto dal malcostume linguistico di questi ultimi anni. Addirittura un grillino vorrebbe "bruciare vivo" il deputato Rosati, l'autore della nuova legge elettorale, ma non dimentichiamo nemmeno il governatore Pd della Campania, De Luca, che vorrebbe uccidere tutti i grillini ed anche Rosy Bindi colpevole di averlo dichiarato impresentabile. Naturalmente quando si scende così in basso poi qualunque argomento venga trattato nella campagna elettorale viene relegato in secondo piano rispetto alle volgarità ed alle offese gratuite che infestano la campagna elettorale. Purtroppo in questo linguaggio e genere di dibattito sono coinvolti tutti e non c'è nessuno che sia risparmiato da qualche invettiva di un avversario politico e nessuno che si astenga di lanciare invettive. E poi il cittadino non va a votare .... ed è sempre più difficile biasimarlo