domenica 29 novembre 2015

La versione polettiana del Tremonti pensiero


Certi personaggi politici che arrivano, non si sa come, a ricoprire cariche istituzionali importanti come quella di ministro per esempio, perdono improvvisamente la consapevolezza del loro basso profilo sociale-culturale e si imbarcano in  dichiarazioni che farebbero meglio a tenere per se. Ma è più forte di loro, una specie di virus che colpisce chiunque indipendentemente dallo schieramento politico, toccando poi argomenti che esulano dal loro incarico. Oggi è il turno del ministro del lavoro Giuliano Poletti che riprende però un concetto la cui partenità è del buon Giulio Tremonti, ministro del governo Berlusconi. Certo Tremonti trattò il concetto in maniera cruda e dura con la sua famosa dichiarazione "Con la cultura non si mangia", Poletti, da pseudo intellettuale di sinistra, elabora il concetto in maniera più articolata e per certi versi contorta, ma il succo è esattamente lo stesso. Gliulianone esorta i giovani i nostri cari studenti universitari a non perdere tempo con la cultura cercando di raggiungere la laurea con buoni voti, magari a discapito di qualche anno in più impiegato per ottenere il pezzo di carta, quanto piuttosto a laurearsi in fretta anche con bassi voti in modo da entrare il prima possibile nel mercato del lavoro. Insomma con la cultura si perde solo tempo. Peccato che il mercato del lavoro in Italia per i giovani sia off-limits considerati i livelli di disoccupazione giovanile raggiunti nel nostro paese. E' sconcertante poi che a fare una dichiarazione del genere sia un alto rappresentante del pubblico impiego dove per esempio la laurea ed il voto di laurea sono estremamente importanti per avere un buon punteggio in eventuali concorsi pubblici. Quindi il buon Poletti da un'ottima dimostrazione della sua "ignoranza" in merito di pubblico impiego. Forse Poletti, così come Tremonti, quando sostiene l'inutilità della cultura per entrare nel mondo del lavoro, fa riferimento al lavoro che attualmente sta svolgendo e cioè quello di ministro. E' notoria la "indispensabile preparazione" culturale dei nostri ministri nel ricoprire certe cariche. Due esempi su tutti: a ministra Gelmini che fu nominata ministra dell'istruzione quando fino a quel momento non si era occupata che di gestire un parchi pubblici, e che dire della ministra Lorenzin, attuale ministra della sanità, la quale non ha nemmeno un diploma da infermiera. Ieri in un quiz televisivo ho visto un laurato in medicina che alla domanda "Appellativo per una donna in stato interessante che inizia con la lettera G" non è stato capace di dire "Gestante". Ecco questo è il livello culturale che auspica il caro ministrone Poletti, che invece di aggiornarsi, leggere e accrescere la propria cultura preferisce le cene con personaggi invischiati con le cosche mafiose. Spero che le dichiarazioni di Poletti di questi giorni siano il frutto di qualche "tirata" di roba di scarsa qualità perché se a questa sulla cultura si aggiunge quella del superamento del concetto di orario di lavoro per tornare al concetto di lavoro a cottimo, c'è poca speranza. Certo è che da chi ha distrutto, sotto dettatura, ogni diritto dei lavoratori trasformando tutto il lavoro in Italia in un enorme precariato legalizzato non c'è da aspettarsi niente di meglio.

venerdì 27 novembre 2015

La lotta al terrorismo è diventata un videogioco


Nonostante i morti, nonostante la corsa al bombardamento indiscriminato, nonostante le dichiarazioni le bandiere gli inni e i funerali dove tutti si commuovono, è difficile dare credito alla presunta lotta al terrorismo che il mondo occidentale sta mettendo in atto dove i fatti di Parigi. I paesi più rampanti, guidati dalla Francia la più direttamente colpita, si stanno preparando ad affiancare Hollande nei bombardamenti sul territorio siriano. Qui dovranno fare i conti anche con Turchia e Russia che oltre a bombardare i ribelli contro il regime di Assad, si sparano fra loro nei cieli al confine appunto fra Turchia e Siria. Insomma una specie di tiro incrociato degno di qualche scena comico dove i buoni circondano i cattivi e poi sparano senza rendersi conto che le vittime sono loro stessi. In questa corsa inconsulta agli armamenti c'è poi l'Italia, che se non fosse per la tragica situazione e per la commozione ed il rispetto dovuto ad una delle vittime di Parigi, scatenerebbe davvero un'iralità senza limiti. Si va da provvedimenti come quello di un sindaco del nord che vieta alle donne mussulmane di andare in giro per la città con il volto coperto, mettendo in atto in pratica un copia e incolla di un divieto che già esiste nella legislazione italiana e che quindi si tratta di un'ordinanza che non ha alcun effetto, fino ad arrivare ad una vera e propria impennata dei servizi di intelligence italiani: intercettare le playstation. Una strategia che si affianca alla proposta di Renzi di qualche giorno fa e cioè quella di taggare i terroristi sui social, insomma mentre gli altri vanno in guerra armati fino ai denti, noi siamo nel bel mezzo di un videogame virtuale e giochiamo alla lotta del terrorismo. Intendiamoci anche chi mette in atto una guerra indiscriminata di fatto sta giocando, purtroppo un gioco più pericoloso il cui prezzo sarà pagato in termini di vite umane ed un gioco il cui risultato finale, la storia insegna, non sarà certo la sconfitta ma bensì l'alimentazione del terrorismo. Da sottolineare poi come nel nostro paese si cambi allegramente parere e strategia a seconda delle condizioni al contorno, a dimostrazione che chi governa il paese non ha un progetto, non ha un obiettivo ma naviga a vista e cambia rotta a seconda delle situazioni e, purtroppo, a seconda della propria convenienza. Negli ultimi mesi le intercettazioni sono diventate, per la classe politica italiana, una specie di male da estirpare il prima possibile per evitare che le malefatte dei politici italiani siano portate alla luce. Ora invece le stesse intercettazioni diventano uno strumento "indispensabile" per la lotta al terrorismo ma si va a battere un terreno ancora incontaminato, quello dei videogiochi. Forse la questione tornerà a galla quando alla prossima partita di FIFA Game fra Orfini e Renzi gli stessi saranno "casualmente" intercettati ed allora anche le play diventeranno off limits. La verità è che la lotta al terrorismo non esiste, si può solo decidere di non crearlo, quando si prenderà questa strada il terrorismo scomparirà, ma forse non è una strada che il genere umano è capace di prendere e seguire.

martedì 24 novembre 2015

Caos politico-sociale globale


Gli ultimi attentati terroristici a Parigi ma anche nel Mali hanno sprofondato nel caos la politica a livello mondiale. Chi parte lancia in resta e va a bombardare non si sa chi e non si sa con quali obiettivi e quale progetto, chi chiude frontiere e limita le limita le libertà individuali conquistate con lotte e perdita di vite umane ma anche in questo caso senza un obiettivo preciso, chi improvvisamente si sveglia e scopre falle inimagginabili nelle proprie maglie relative alla sicurezza, chi blocca e chiude una città intera e senza un piano preciso come dimostrano i fatti in quanto non si riesce a bloccare un personaggio braccato anche dai suoi stessi amici o ex amici. Tutto l'occidente nonostante l'11 settembre, nonstante le guerre per esportare pace e democrazia, nonostante i fallimenti di questi ultimi 14 anni e nonstante gli avvertimenti deliranti del terrorismo, si è fatto trovare ancora una volta impreparato ed è stato colpito in una delle sue capitali più rappresentative. Al disorientamento e all'inedeguatezza della politica, si aggiunge il delirio dell'opinione pubblica almeno quella che si affaccia sui social network ed esprime il proprio "pensiero" su quanto sta accadendo. Un pensiero che nella stragrande maggioranza dei casi non è una propria elaborazione, non è frutto di una propria analisi più o meno profonda ma quasi sempre si estrinseca più semplicemente attraverso un copia e incolla di immagini, o dichiarazioni o pensieri trovate in giro per la rete e che nella quasi totalità si tratta di falsità, di vere e proprie bufale mediatiche, di immagine prive del contesto ma che colpiscono l'immaginazione. Una specie di follia collettiva che ha fatto perdere a tutti un minimo di razionalità e di raziocinio. Mai come in questi giorni la "stupidità" e la "ignoranza" sono salite alla ribalta e messa a nudo da uno strumento come la rete che rappresenta un grande contenitore dove chiunque può diffondere qualunque pensiero e notizia, ma dove però sono anche disponibili gli strumenti per verificare se quello in cui ci si imbatte sia reale, vero o completamente inventato. Insomma siamo tutti in confusione e nessuno sa come uscirne ma nessuno, oltre a proposte più o meno scellerate, si pone anche la domanda se l'occidente non abbia sbagliato tutto dando vita ad un modello di società, il modello capitalista, che ha generato tutto questo caos. Soprattutto in considerazione del fatto che il nuovo terrorismo ha in pratica fatto proseliti anche in giovani nati e vissuti proprio nel mondo occidentale. Allo stato attuale delle cose è probabile che una guerra sia inevitabile, ed in effetti la guerra è in atto anche se con modalità rischiose considerato che gli interventi russi, francesi, turchi vanno avanti in ordine sparso, ma senza un progetto chiaro su quale debba essere l'obiettivo di questa guerra il fallimento è assicurato come dimostrano Afghanistan, Iraq e Libia.

mercoledì 18 novembre 2015

Ma non è che per caso abbiamo sbagliato tutto .... ?


Sono giorni di delirio ossessivo sia nelle istituzioni degli stati occidentali e soprattutto europei, che nei giornali per non parlare dei social network specchio della società nella quale viviamo. Noi del mondo occidentale e soprattutto noi europei siamo sconvolti perché quelle minacce dei terroristi, che sembravano ai più delle semplici favole, alla fine si sono avverate. Ci avevano avvisati ed ora sono davvero arrivati ma più che arrivati sono semplicemente passati all'azione perché i terroristi erano già presenti e sono già presenti nelle nostre città. Forse immaginavamo uno sbarco o un lancio di truppe paracadutate dal cielo come abbiamo fatto noi occidentali quando abbiamo portato la guerra nei loro territori, nei loro confini, fra le loro genti. Invece no loro, i terroristi, hanno semplicemente fertilizzato un terreno all'interno dei nostri stati, quella di una gioventù nata e cresciuta nei nostri confini che noi pensavamo perfettamente integrata nei nostri usi e consumi. E' stata un'opera molto più subdola e meno appariscente, ma forse più terrificante e meno contrastabile di un'invasione tradizionale. Ora piangiamo i nostri morti e inermi ne aspettiamo altri, ma non piangevamo quando con le  nostre truppe abbiamo invaso, bombardato e portato la distruzione in Afghanista, in Iraq, in Libia ed ora in Siria. Ora forse siamo arrivati ad un punto di non ritorno e sarà molto difficile e complicato sfuggire ad una guerra di civilità. In questi 15 anni ne abbiamo combinate di tutti i colori ed ora ci viene presentato il conto, un conto pesante ma che non potrà mai pareggiare quello che noi abbiamo combinato in quei paesi. E non siamo nemmeno capaci di riconoscere almeno i nostri errori e quindi di correggerli proseguendo nella nostra politica di guerra che mai come ora sarà inutile e forse solo più deleteria. Mentre noi bombardiamo la Siria, le truppe nemiche, i terroristi, sono già nei nostri territori e aspettano solo di entrare in azione. I bombardamenti serviranno a poco se non siamo in grado di correggere gli errori del passato, errori che vanno dal commercio di armi proprio con i paesi che poi finanziano il terrorismo, all'acquisto di petrolio di contrabbando fornito dai terroristi (nessuno ha notato che il prezzo del petrolio è calato proprio con la nascita del Califfato ?), fino all'appoggio di una fazione terroristica piuttosto che un'altra a seconda della presunta convenienza. E che dire poi del fatto che i "nuovi" terroristi dell'Isis che agiscono nelle nostre città non sono altro che giovani per la stragrande maggioranza nati e cresciuti nella nostra società. Questo è forse l'aspetto più drammatico e pericoloso che dovrebbe far riflettere sul modello di società alla quale abbiamo dato vita: un modello che non prospetta un futuro per la stragrande maggioranza dei giovani tanto è che una parte di questi preferisce abbandonarsi al sacrificio per combattere la cultura all'interno della quale sono nati e cresciuti. Per assurdo forse l'unica nostra speranza è proprio l'Islam, si perché il terrorismo dell'Isis alla fine dei conti, fino ad ora ha fatto più vittime all'interno proprio dei paesi islamici che nei paesi occidentali. Ma per immaginare un'allenza occidentale-islamica è necessario un canbiamento di rotta non solo nelle risposte al terrorismo ma anche nelle politiche economiche, finanziarie, sociali .... insomma una vera e propria rivoluzione che per il momento non sembra essere alle porte. E allora proseguiamo nei nostri sbagli e che Dio, se esiste ma personalmente ho forti dubbi, ce la mandi buona. Nel frattempo il terrorismo sta vicendo, è inutile negarlo e sforzarci di ripeterci che la nostra vita va avanti ugualmente, partite sospese, voli sospesi, eserciti nelle strade, modo di vita stravolto, paura diffusa per ogni minimo episodio sospetto, per non parlare poi dei morti sebbene in questo macabro conteggio saremmo ancora in debito.

venerdì 13 novembre 2015

Berlusconi-Renzi: duello per la palma della credibilità zero


Chi sperava o vedeva in Renzi il rinnovatore oltre che il rottamatore è stato ben servito da questo ultimo anno e mezzo di governo e dalle ultime vicende nelle quali è coinvolto il Partito Democratico. Renzi è arrivato al governo in seguito ad una serie di promesse messe in fila durante i mesi delle primarie e precedenti alla caduta del governo Letta, promesse poi puntualmente disattese, e ha continuato sulla linea della poca chiarezza e trasparenza del suo governo nonché del suo partito. Il patto del Nazzareno con il presunto nemico Berlusconi è l'emblematica rappresentazione di questa mancanza di chiarezza e della spregiudicatezza dell'ex sindaco di Firenze pronto a tutto pur di seguire il filo conduttore della sua ambizione. A parte l'opportunità o meno di stringere un accordo con un faccendiere come Berlusconi, sulla quale si può essere più o meno favorevoli, quello che "non si capisce" è l'ostinazione di tenere segreto il contentuo di quegli accordi concordati fra l'altro sulla pelle del paese e dei cittadini onesti. Il patto rotto con l'elezione di Mattarella a Presidente della Repubblica secondo i due duellanti B&R conteneva accordi diversi e totalmente opposti. L'ex cavaliere afferma che l'accordo prevedeva anche il nome del nuove presidente della repubblica e soprattutto le modifiche alla legge Severino e la depenalizzazione di reati per far evitare la cacciata di Silvio dal parlamento e ridargli la piena agibilità politica. Matteo Renzi nega che queste due aspetti fossero contenuti negli accordi raggiunti con il condannato, accordi che riguardavano esclusivamente legge elettorale e riforma costituzionale. Confesso che fino a qualche mese fa ero propenso a dare pi credibilità alle affermazioni di Renzi piuttosto che a quelle di Berlusconi che di falsità ne ha dette a iosa in questi anni imbroglioando chi lo ha votato ma anche i suoi alleati di governo. Gli ultimi avvenimenti che hanno visto coinvolto esponenti del partito democratico mi hanno fatto ricredere su questa minima credibilità di Renzi che in questo momento non appare molto diverso dal suo alleato e padre putativo. Il rottamatore era per la trasparenza, era per abbattere davvero la vecchia politica, era per la legalità ed ora si trova a dover controbattere (la sua parola contro quella di Berlusconi) su un accordo mai reso pubblico, si ritrova a nascondere qualche scontrino mentre per lo stesso problema ha fatto decadere il sidanco di Roma, deve difendere un impresentabile scagliandosi contro anche qualche suo collega di partito (Rosy Bindi in primis) aggirando una legge che, a questo punto, viene applcata a seconda della figura politica che vi incappa. Insomma a questo punto della storia Renzi ha raggiunto un altro punto di contatto con il vecchio leader di Arcore e diventa sempre più difficile "vedere" una diversità fra il vecchio ed il nuovo, fra il padre ed il figlio .... e diventa quasi impossibile assegnare la palma del più credibile.

giovedì 12 novembre 2015

Sinistra addio


Prevedere gli sviluppi della vicenda De Luca non era difficile così come non era difficile immaginare che Renzi (mi riferisco a lui e non al Pd che ormai non esiste più se non come partito ad personam stile berlusconiano), mentre ha buttato giù dalla torre il sindaco Marino per fatti molto meno gravi, non avrebbe minimamente toccato il governatore della Campania semplicemente perché gli sta simpatico e Marino no. Certo che il Partito Democratico avesse tradito le sue origini fin dalla propria nascita era abbastanza palese ma che finisse in questo modo in mano ad uno sbruffone, ambizioso per il quale conta il potere indipendentemente da chi lo sostiene per ottenere e mantenere questo potere non era prevedibile. Il tutto dietro la parola d'ordine: non esiste più una politica di destra ed una sinistra è un concetto superato esiste solo cosa serve al cittadino e al paese. Non è morto il principio di una politica di sinistra, è morta l'idea che si possa dare un modello di sviluppo e di società diversa da quella che il capitalismo ha imposto. E questa idea è morta perché non congeniale per la maggioranza dell'umanità, non lo è stata per i pochi millenni di storia che ci hanno portato nel presente secolo e probabilmente non lo sarà nemmeno per il futuro. Forse è l'animo umano che non è fatto per l'uguaglianza, per la solidarietà, per uno sviluppo che consenta a chiunque una vita degna di essere chiamata tale. L'essere umano è fatto per la sopraffazione e per l'arricchimento sulla pelle del prossimo e delle fasce più deboli, ormai questo è una fatto assodato. Non sono stati sufficienti 5000 anni di storia per superare questo modello che anzi, in questi anni di crisi, si è rafforzato aumentando le distanze fra paesi poveri e paesi ricchi. Ancora oggi esistono milioni di persone per le quali il problema principale è sfamarsi e dissetarsi mentre allo stesso tempo ci sono poche centinai di migliaia di ricchi che vivono in un altro mondo, un mondo nel quale si possono spendere decine di migliara di euro per un capo di abbigliamento, per una borsa o per una cena. Oggi in Italia si dibatte spesso se un singolo provvedimento sia di sinistra o di destra, ma si può basare la politica di un governo sulla singola legge o sul singolo decreto ... ? Ormai anche in Italia la sinistra è morta ed anche se non lo fosse difficilmente si potrebbe dare al nostro paese un modello di società di sinistra quando in tutta europa e in tutto il mondo questo modello è stato abbandonato dopo essere stato massacrato da chi lo ha seguito in maniera impropria (Unione Sovientica, Cina e via dicendo). E pensare che in un paese come il nostro, massacrato dalla crisi e da vent'anni di berlusconismo, non sarebbe nemmeno difficile mettere in campo una politica cehe almeno somigliasse un pò ad una politica di sinistra: basterebbe tutelare chi ha perso il lavoro piuttosto che togliere le tutele a chi lavora, basterebbe tagliare un pò di tasse a chi ha redditi medio bassi, basterebbe non massacrare i pensionati, basterebbe non finanziare l'istruzione e la sanità privata e potenziare quella pubblica, ma soprattutto basterebbe mandare immediatamente a casa quei politici che sono anche solo sospettati di corruzione a tutti i livelli piuttosto che cercare un garantismo a tutti i costi che non ha niente a che fare con la politica.


mercoledì 11 novembre 2015

La democrazia malata dell'Italia

Uno degli aspetti che in questi ultimi anni mina continuamente la democrazia del nostro paese è il cambiamento di ruolo dei vari partiti che agiscono nella panorama politico italiano. La vera e necessaria riforma costituzionale che servirebbe in questo periodo storico per salvare la democrazia sarebbe quella che impedisce ad un parlamentare di passare, in corso di legislatura, da una formazione politica ad un'altra senza colpo ferire fino ad arrivare a dare vita a partiti all'interno del parlamento senza essere passati dalle elezioni. Questo comportamento è anche frutto della legge elettorale che nelle ultime legislatura ha abolito le preferenze dando vita ad un parlamento di nominato, una stortura democratica che la nuova elettorale non cancellerà ma piuttosto amplificherà. In una democrazia sana un partito politico, che fa parte delle fondamenta della democrazia stessa, dovrebbe nascere dal popolo, dai cittadini e non certo all'interno del parlamento o per volontà di uno o più singoli, ma soprattutto dovrebbe siedere in parlamento in virtù di un voto ottenuto nel momento più alto della democrazia, costituito appunto dalle elezioni. Oggi gli unici partiti presenti in parlamento nati secondo questo semplice ma essenziale percorso sono due: la Lega e il M5S. Tutti gli altri sono frutto non di una volontà popolare quanto piuttosto o di una scelta imposta da un singolo o al più di poche persone oppure, peggio ancora, di una scissione avvenuta all'interno di una formazione politica. Quest'ultima soluzione è poi la più deleteria in quanto si consente a politici eletti in quanto presenti nella lista di un partito, cambiare bandiera o per posizionarsi sotto un'altra bandiera oppure dare vita ad una nuova bandiera e quindi posizionandosi sotto programmi diversi da quelli per i quali sono stati eletti. Questa ultima legislatura rappresenta la fiera di questo malcostume politico e si va da un governo per il quale nessuno nel paese ha dato il proprio voto (sia il Pd che il Pdl nella campagna elettorale del 2013 dichiaravano mai con il proprio avversario), alla nascita di formazioni come NCD o a gruppi misti con dentro di tutto di più, a cambi di maglia clamorosi, fino alla nascita della Cosa "presunta" rossa di questi giorni. Il tutto in barba agli elettori con un parlamento che approva leggi e provvedimenti che non stavano in nessun programma elettorale. La nostra Costituzione prevede che il parlamentare abbia la libertà di voto e non debba che rispondere al proprio elettorale liberandolo dalla disciplina di partito e cosentendo i cambi di casacca. Ma questa norma ha senso se il parlamentare stesso è eletto dal cittadino e non nominato dai segretari di partito, nel momento in cui il parlamentare rispond direttamente al partito che lo ha inserito nelle proprie liste elettorali, non ha più senso consentire questa "libertà" di azione e nel momento in cui decide di uscire da quel partito dovrebbe allo stesso tempo dimettersi dal parlamento stesso. Ecco questa sarebbe la vera ed unica riforma che consentirebbe di riportare il paese ad un livello accettabile di democrazia e di ridare al popolo quel potere che lentamente ed inesorabilmente gli è stato progressivamente tolto.