giovedì 18 ottobre 2012

La guerra civile del Partito Democratico


Nel Partito Democratico la campagna per le primarie sta diventando una vera e propria guerra civile non solo fra i candidati alle stesse primarie ma anche fra la classe dirigente e l'infiltrato di Berlusconi, Matteo Renzi. Il rampollo fiorentino invece di fare campagna esponendo il suo programma per capire in che cosa si differenzierebbe da Bersani o dagli altri candidati alle primarie, non fa altro che sparare a zero su tutti i dirigenti del Partito Democratico come se si trattassero di avversari politici di parte avversa. Renzi ha coniato per Veltroni, D'Alema, Rosy Bindi, Bersani e company il termine "rottamare" come se si trattassero di vecchie auto da sostituire, un termine dispregiativo inaccettabile quando si tratta di persone che volenti o no hanno fatto la storia di un partito. Le persone non si rottamano ma anzi si dovrebbe fare tesoro della loro esperienza politica sia in senso positivo che negativo, una esperienza che dovrebbe in qualche modo servire di insegnamento per le nuove leve all'interno di una qualsiasi formazione politica. Secondo Renzi un politico dopo un certo tempo di attività andrebbe mandato in pensione dimenticando un fatto estremamente importante per un paese democratico: un politico dovrebbe essere messo in pensione o confermato nel suo ruolo esclusivamente dagli elettori. In Italia purtroppo questo non avviene in consequenza di una legge elettorale scandalosa che non ha niente di democratico e che è una delle cause della corruzione dilagante nella politica italiana. Il leitmotiv della campagna elettorale di Renzi non è quindi il suo programma o il suo progetto politico, quanto invece la guerra aperta verso i suoi colleghi "anziani" di partito. Il povero grullo non si rende nemmeno conto che, qualora per una sciagurata ipotesi dovesse vincere le primarie, la prima consequenza sarebbe il caos politico all'interno del Partito Democratico. Un caos che è già in atto con il ritiro di Veltroni e con il possibile ritiro di D'Alema se vincesse Bersani o la guerra aperta che lo stesso baffino dichiarerebbe a Renzi in caso di sua vittoria. Molto probabilmente quindi il partito che, dopo la caduta del governo Berlusconi, non ha avuto il coraggio di andare alle elezioni e molto probabilmente al governo, si ritroverà alle prossime elezioni dilaniato e ridotto ai minimi termini se continua questa emorragia di pezzi importanti provenienti fra l'altro dalla sinistra del partito stesso. Renzi insomma sta completando l'opera di distruzione che Berlusconi, troppo preso dalle sue feste e dal mettersi al riparo dalla giustizia, aveva intrapreso con le elezioni del 2008 ma poi non aveva portato a termine. Una vera e propria guerra civile che finirà per riflettersi sul consenso degli elettori, portando ancora acqua al mulino di Grillo e del movimento a 5 stelle.

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