giovedì 14 ottobre 2010

Il bluff del Partito Democratico



Sono lontani i tempi nei quali una manifestazione di metalmeccanici era un momento in cui si vedevano in piazza tutti i sindacati affiancati dal più grande partito comunista europeo, il Partito Comunista Italiano. I lavoratori erano uniti contro il padrone e contro quei governi che adottavano politiche capitaliste e dirette allo sfruttamento degli operai, ma in questa lotta erano affiancati senza condizione dai partiti di opposizione e dal più grande partito della sinistra italiana. Nel ricordo di quegli anni, non si può che essere assaliti da un senso di nostalgia nel constatare quanto avviene oggi in occasione della manifestazione di sabato della Fiom.
I maggiori risultati politici dello stupratore della democrazia, alias Silvio Berlusconi, ottenuti da quando è entrato in politica, sono stati essenzialmente due: la divisione dei sindacati e l'annientamento del più grande partito della sinistra italiana oltre che di tutta la sinistra nelle ultime elezioni. I sindacati ormai sono allo sbando e dopo anni di lotte unitarie sono stati smembrati. Da una parte la CGIL a tentare di contrastare l'arroganza dei grandi industriali e dei grandi imprenditori che tentano di superare la crisi a discapito dei lavoratori, dall'altra Cisl e Uil allineati, in nome della responsabilità nell'affrontare la crisi economica, con il governo e con i padroni guidati dal duo Marcegaglia-Marchionni. Oltre a questa disgregazione sindacale c'è poi la disfatta dell'ex partito comunista oggi diventato dopo varie traversie Partito Democratico. Una trasformazione che ha modificato e stravolto quello che era un grande partito di sinistra, bruciando ideali, principi e capisaldi di quello che era appunto il Partito Comunista Italiano. La breve storia del Partito Democratico è costellata di sconfitte e di insuccessi uno dietro l'altro, oltre che di prese di posizione difficilmente indentificabili con una ideologia di sinistra. La nascita del partito ha causato la caduta del governo Prodi, un governo già poco stabile per i numeri che aveva saputo raccogliere soprattutto al Senato, e l'allora Ulivo, invece di pensare a fare quelle poche riforme indispensabili, legge elettorale e conflitto di interessi, impiegò tutte le energie per realizzare una formazione politica che appariva già un'accozzaglia senza capo né coda. Caduto il governo Prodi, Veltroni, vincitore delle primarie (altra scelleratezza in un paese come il nostro), si presenta alle elezioni del 2008 con tutta la presunzione possibile, scaricando i partiti della sinistra integralista. Risultato: sconfitta pesante e paese di nuovo in mano allo stupratore della democrazia. Dall'aprile del 2008 ad oggi l'unico impegno costante del Partito Democratico è stato quello di cercare un leader, che si potesse definire tale, da opporre a Berlusconi. Un'attività senza fine e senza sbocco poichè da una parte il partito è imbottito di gente incancrenita che ha perso ogni visione della situazione attuale e poco dinamica rispetto alla vitalità del dittatore di Arcore, dall'altra le uniche personalità che potrebbero rivestire il ruolo di antiberlusconi sono dislocate troppo a sinistra, come Vendola, per un partito che ormai ha dimenticato le proprie origini. Dopo le varie sconfitte elettorali arriviamo alla manifestazione del 16 ottobre della Fiom ed ancora una volta il Partito Democratico è smarrito e incapace di prendere una posizione seria e decisa. Stretto nella morsa dei dissidi interni fra gli ex-democristiani della margherita e gli ex-comunisti, la soluzione è non prendere nessuna decisione e nessuna presa di posizione lasciando liberi i singoli di aderire o meno alla manifestazione di sabato prossimo. Pesantissima comunque sarà l'assenza del segretario Bersani.
Si tratta dell'ennesima sconfitta di una formazione politica che difficilmente potrà portare il paese fuori dalle grinfie dello stupratore della democrazia e della sua gang di fascisti verdi, lo sfascio del paese dipende quindi anche da un'opposizione inesistente che giorno per giorno non fa altro che autodistruggersi.

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