venerdì 2 novembre 2012

Province: il solito casino all'italiana


La riduzione reale dei costi e dei privilegi della politica sarà un percorso lungo, difficile e con risultati ridotti rispetto all'impegno profuso, ma come al solito il manico lo hanno in mano ai cittadini. La vicenda delle province è un classico esempio delle modalità tutte italiane per la riduzione dei costi della politica. Tutti i partiti alle precedenti elezioni avevano inserito nei loro programmi l'abolizione delle province, diventate ormai un'istituzione superflua stretta fra i compiti di regioni e comuni. L'unica reale utilità di queste istituzioni è ormai diventata il rastrellamento di voti per i vari partiti che gestiscono le province come un serbatoio atrtaverso il quale distribuire posti di lavoro e di responsabilità in cambio di voti. Certo la loro eliminazione è stata venduta come un'operazione da portare a termine immediatamente una volta vinte le elezioni senza tenere conto dei reali impedimenti. Prima di tutto la riforma costituzionale che la soppressione delle province richiede, poi la resistenza dei partiti a livello locale, nessuno escluso, che utlizzando appunto questo ente pubblico a proprio uso e consumo. Insomma un processo dato per scontato in fase di campagna elettorale, molto complicato da realizzare praticamente. Pdl e Lega, durante i loro tre anni e mezzo di governo, hanno accantonato il problema e le promesse della campagna elettorale e non hanno fatto niente per portare a termine questa riforma ma nemmeno per iniziare il cammino necessario. Ora il governo tecnico, sommerso dalle critiche per il salasso perpretato a danno dei cittadini senza intaccare i privilegi della politica, ha messo mano alla questione, ma naturalmente in maniera raffazzonata e completamente discutibile. Infatti per aggirare il problema della riforma costituzionale, il governo Monti ha stabilito dei criteri per accorpare alcune province e ridurne almeno il numero. Ma una cosa è abolirle del tutto, processo comunque delicato se si considera il numero di dipendenti delle varie province italiane, un'altra cosa è accorparle anche se sulla base di criteri più o meno oggettivi. Ecco che si è scatenata una vera e propria rivoluzione da parte di coloro, politici e cittadini, che vedono soppressa la propria provincia magari in favore di una vicina. Come al solito per non mettere in pista una riforma radicale si sceglie una strada intermedia, ma come tutte lo strade intermedie le polemiche e le riserve spuntano come funghi per arrivare alla fine quasi sicuramente ad un nulla di fatto. La classica riforma all'italiana.

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