lunedì 7 febbraio 2011

Il lupo perde il pelo ma non il vizio ... ed il paese gli da la caccia

Le buone intenzioni del caimano hanno avuto breve durata. Era tornato alla carica con una manovra diversiva al fine di allontanare il clamore intorno alle proprie disavventure giudiziare sbandierando finalmente i problemi dell'economia italiana. La partenza non era stata delle più felici additando l'art. 41 della costituzione come principale responsabile delle difficoltà delle nostre imprese a cavalcare la ripresa economica, poi aveva chiesto aiuto alle opposizione per promuovere insieme un piano di rilancio dell'economia, ma quanto meno finalmente dopo mesi e mesi di discussioni in merito alla sua vita piuttosto allegra, si riparlava di economia. Qualcuno si era anche chiesto: vuoi vedere che questa è la volta buona ed il governo si occupa finalmente di economia. Il caimano aveva dichiarato che i provvedimenti che il governo stava per varare, avrebbero portato ad un aumento del Pil del 3% o addirittura 4% in due anni. Insomma anche i più scettici erano quasi sul punto di cedere e di dare credito a queste ulteriori promesse. Ma oggi che si ritorna all'antico. Il Pdl chiede di mettere all'ordine del giorno dei lavori della Commissione Giustizia della Camera il ddl sul processo breve fin da questa settimana. E così i buoni propositi si sono già andati a farsi benedire nel giro di pochi giorni. D'altra parte, dopo che la Corte Costituzionale ha respinto il legittimo impedimento, il rischio per l'Indagato del Consiglio di finire sotto processo e di vedersi condannato è molto alto ed allora bisogna subito perseguire un'altra strada già in qualche modo aperta: quella del processo breve. Fra lungaggini della giuistizia e fra impossibilità reali o presunte di Berlusconi a presentarsi davanti ai giudici, il processo breve farebbe decadere sicuramente i processi che lo vedono coinvolto senza possibilità di appello. L'economia può attendere, l'art. 41 anche, prima di tutto c'è da mettere in sicurezza il capo del governo. Cosa importa se Marchionne, dopo il ricatto dell'accordo e del referendum, pensa di portare via comunque la Fiat da Torino, cosa importa se la disoccupazione giovanile cresce a dismisura, cosa importa se una buona parte del paese finalmente scende in piazza fino ad Arcore per chiedere le sue dimissioni, c'è un problema più urgente e più grave da risolvere: tenerlo lontano dalla galera. Ormai il ministro della giustizia Alfano e tutti i parlamentari avvocati del Pdl, Ghedini in testa, sono impegnati in questa estrema lotta con la costituzione per trovare finalmente l'escamotage giusto. Una lotta senza esclusione di colpi che ha di fatto isolato il governo dal punto di vista istituzionale oltre che di consensi: il governo contro tutti gli altri poteri delle istituzioni a partire dal Presindente della Repubblica, per passare dal Presidente della Camera e finire alla magistratura. L'unico che ancora lo difende è il Presidente del Senato, ma da un sospettato di collusione con la mafia c'era poco da aspettarsi anche dal punto di vista istituzionale.

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