mercoledì 6 aprile 2016

Da Bandiera rossa a Tempa rossa passando per le trivelle


Alla fine il Partito Democratico di Renzi non abbandona il colore che fu dell'antenato Partito Comunista Italiano, il rosso va sempre forte. Certo ai tempi del PCI il rosso era il simbolo che stava dalla parte dei lavoratori nella lotta di classe contro i capitalisti (quelli che oggi vengono chiamati in maniera molto più soft semplicemente imprenditori), oggi il rosso invece sta dalla parte opposta e nello specifico dei petrolieri, ma questi sono dettagli. Ancora qualche mese ed il buon Matteo avrà fatto terra bruciata della storia del più grande partito comunista europeo ed avrà trasformato definitivamente il PD in un partito senza connotati, senza storia, senza ideologia, una specie di partito padronale al servizio dell'ex capo boy scout. Anche il termine democratico ormai assolve solo alla funzione di specchietto per le allodole o meglio per gli allocchi, perché le ultime vicende dimostrano ampiamente quanto la democrazia sia ogni giorno calpestata sia nella formazione politica della quale Renzi è il segretario sia naturalmente nel governo che presiede nel quale di fatto decide tutto lui. Non per niente in questi giorni si assiste allo squallido spettacolo di un capo di governo di una repubblica, la cui Costituzione definisce democratica, che invita i cittadini a non andare a votare e cioè ad esercitare un loro sacrosanto diritto in uno dei momenti clou della vita democratica di un paese: la consultazione referendaria. Un invito vergognoso che la dice lunga sul concetto di democrazia del presidente del consiglio il quale non vuole correre il rischio di raggiungere il quorum. Si perché se nel referendum del 17 aprile si raggiungesse il quorum e magari vincesse il Si si scoprirebbero anche le tante falsità sparse a mani basse da Matteo Renzi. Una su tutte lo spreco derivante dall'interruzione dello sfruttamento dei giacimenti a scadenza delle concessioni. Falso perché ritornerebbe in vigore la vecchia normativa che prevede l'eventuale rinnovo delle concessioni a fronte di qualche verifica e controllo ambientale al quale dovrebbero sottoporsi i concessionari. Basterebbe solo questo atteggiamento per pretendere le sue dimissioni da parte di un popolo che avesse a cuore la democrazia. Ma l'Italia è un paese ormai dormiente. Un paese che "sopporta" ormai di tutto. Un provvedimento del governo, respinto in commissione, viene poi inserito sotto forma di emendamento in una legge dal nome fantasioso di "Sblocca Italia" approvata grazie all'ennesimo voto di fiducia, passando sopra le teste del parlamento ma, nel caso di Tempa rossa, anche delle regioni a favore naturalmente di una compagnia petrolifera. Una ministra che si affretta a tranquillizzare il proprio compagno, in affari con il petrolio, sull'approvazione dello stesso emendamento che viene scoperta per caso grazie ad una intercettazione. La ministra si dimette, solo perché la sua marachella è stata scoperta, ma non dovrebbe anche dimettersi il presidente del consiglio considerato che l'ha proposta per quell'incarico facendo finta di non sapere del suo conflitto di interessi e considerato che l'emendamento incriminato è opera dello stesso Renzi ? E' vero ci sarà una questione di sfiducia al governo posta dalle opposizioni in parlamento, ma, considerati i numeri e considerato che la "presunta" minoranza del Pd strilla in direzione ma poi vota con la coda fra le gambe in parlamento, il voto si risolverà nella solita bolla di sapone. Ed il pallino tornerà in mano ai cittadini che già dal prossimo 17 aprile dovrenno decidere se iniziare a minare le basi a questo governo o accettare supini di essere trattati come un gregge di pecore.

Nessun commento: