mercoledì 5 ottobre 2011

L'Italia ... ultima provincia cinese




La Cina è vicina ... era lo slogan degli anni 70 quando si temeva un'invasione della Cina di Mao nel mondo occidentale, quello slogan nel terzo millennio potrebbe diventare ... la Cina siamo noi. I fatti di Barletta e quanto sta avvenendo nel mondo industriale italiano ne sono la conferma e, pur essendo due avvenimenti completamente diversi fra loro, rappresentano la dimostrazione che il nostro paese ha importato dalla Cina non solo prodotti a basso e costo e contraffatti ma anche un modello di società giustificandolo con la crisi economica. Le condizioni in cui lavoravano le donne di Barletta, venute alla luce in seguito alla tragedia nella quale quattro di loro hanno perso la vita, fino ad ora erano state scoperte solo a carico di lavoratori cinesi sia nel nostro paese che nella Cina stessa. Ammucchiate in locali angusti, sottopagate (4 euro l'ora ma ricordiamo che anche le tante cooperative che svolgono attività in Italia pagano i loro soci-lavoratori intorno ai 7 euro lordi l'ora, condizioni da vera e propria schiavitù), senza nessun contratto e nessuna protezione sociale e previdenziale, costrette a lavorare 10 ore il giorno e forse fra poco si scoprirà anche con una ciotola di riso per pranzo. Quando è iniziata l'invasione dei prodotti cinesi e quando i nostri governi sono andati in Cina a proporre accordi commerciali e di varia natura (per chi non lo sapesse le nostre università sono costrette ad avere fra i loro iscritti un certo numero di studenti cinesi) da più parti si era sollevato il problema di chiedere garanzie ai dirigenti cinesi in merito ai diritti umani, continuamente calpestati nel più grande paese orientale. Invece è avvenuto il contrario: siamo noi italian i che abbiamo importato il loro modello e condizioni lavorative al limite della disumanità. Un modello che piace molto anche ai nostri industriali, Fiat e Marchionne in testa, che intendono sottrarsi a quelle regole che i lavoratori hanno conquistato con anni di lotta anche rimettendoci la vita. Oggi stiamo tornando indietro di 200 anni grazie soprattutto ad un governo debole, che non sa come affrontare la crisi, e che si fa imporre dall'esuropa condizioni inaccettabili per chi da sempre ha lavorato con rgandi sacrifici e soprattutto pagando le tasse. Per uscire dalla crisi si concedono alle imprese licenziamenti più facili, come se i cittadini italiani e soprattutto i giovani non avessero già pagato un prezzo altissimo in numero di disoccupati, si vorrebbe diminuire gli stipendi ai dipendenti pubblici, come se tali stipendi non fossero già per molte categorie di lavoratori al limite della sopravvivenza, si intende consentire alle imprese di derogare verso qualsiasi regola e accordo stabilito a livello nazionale, come se con il precariato non si fossero già tolti ogni diritto ai centinaia di migliaia d lavoratori. Insomma per uscire dalla crisi la strategia è quella di farla pagare a chi ha sempre pagato mentre chi ha dimostrato incapacità nel prevederla, nel gestirla, nel tentare di risolverla mentre ha sempre fatto di tutto per negarla, la farà franca comodamente seduto sulle proprie poltrone. Anche in questi giorni il governo, piuttosto spendere tutte le proprie energie per uscire il prima possibile da questa situazione e cercare una strada per consentire al paese di riavviare lo sviluppo, impegnerà il parlamento in questioni che rigurdano esclusivamente il suo capo minando alle fondamenta la libertà e la democrazia in un paese ormai martoriato in ogni settore della sua vita sociale, culturale e politica. Un governo che si preoccupa di far pagare chi sbaglia ma che non intende pagare per i propri errori di valutazione che hanno portato le lavoratrici di Barletta ad operare in condizioni disumane fino a perdere la vita.


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