L'autunno ormai da sempre è una delle stagioni più calde per l'Italia sia per gli eventi naturali sia per le tensioni sociali che si sviluppano in un paese da sempre in crisi. Anche il 2011 non si è smentito. Il maltempo, coadiuvato dal problema cronico dell'Italia e cioè il dissesto geologico, ha martoriato e distrutto una delle zone costiere più belle del paese: le cinque terre. Sono state sufficienti poche ore di piogge eccezionali per cancellare uno dei paesini più affascinanti di qualla zona, Riomaggiore, oltre che stroncare la vita di 6 persone (forse 14 considerato che ci sono 8 dispersi). Il giorno dopo, come prassi per questi eventi catastrofici, le solite polemiche che ci dicono di un evento annunciato, che ci fanno vedere come la speculazione edilizia e la cementificazione, uno dei mali cronici italiani alla stessa stregua della evasione fiscale, abbiano deturpato un ambiente naturale fra i più belli al mondo. Il nostro paese, che vive per grande parte sul turismo grazie anche ad un patrimonio ambientale eccezionale, non riesce proprio a conservare questa dote stupenda in virtù dello sfruttamento lasciato a pochi eletti. E la natura poi si scatena colpendo chi ? I poveri diavoli che da sempre occupano certi paesini caratteristici e non certo chi deturba l'ambiente con le proprie ville ed i propri possedimenti abusivi. Alle catastrofi naturali poi in autunno si sommano i soliti provvedimenti economici del governo di turno che si accaniscono sempre e comunque sulle stesse fasce sociali, quelle medio basse, quelle dei lavoratori dipendenti, quelle dei pensionati. Quest'anno poi nel pieno di una crisi economica mondiale senza precedenti e con un governo che per tre anni e mezzo ha fatto di tutto per negarla facendo lievitare il debito pubblico, i provvedimenti presi e quelli promessi rappresentano una vera catastrofe per quella parte del paese che vive di lavoro dipendente. Il governo Berlusconi, messo alle strette dall'Unione Europea e dalla speculazione nei confronti del nostro debito pubblico, ha già varato due manovre nella quali gli unici che non sono stati toccati sono i grandi capitali, gli imprenditori e naturalmente la casta dei politici. Ora l'Europa ha costretto il governo a varare quel decreto sviluppo che dovrebbe consentire, dopo i tagli alla spesa, di non cadere una recessione sempre più vicina. Berlusconi, ricattato da una maggioranza ormai non più in grado di governare, non ha fatto altro che scrivere una lettera di intenti, nel suo perfetto stile di fare grandi promesse che poi puntualmente non riesce a mantenere. Ora si spera che anche questa volta quanto illustrato in questa lettera sia essenzialmente un piano destinato a fallire sebbene sicuramente produrrà una guerra sociale probabilmente senza precedenti. In sostanza lo sviluppo del paese dovrebbe essere legato secondo il dittatore di arcore ai seguenti punti: libertà di licenziare per le imprese senza i lacci dello statuto dei lavoratori, flessibilità nella pubblica amministrazione con l'introduzione della cassa integrazione e anche qui dei licenziamenti, aumento a 67 anni dell'età pensionabile, ritorno alle privatizzazioni dei servizi in barba al recente referendum con il quale il paese ha detto no alla privatizzazioni. La sostanza quindi è sempre la stessa: si colpiscono i ceti medio bassi, i lavoratori dipendenti, i pensionati incentivando la disoccupazione e annullando quegli ammortizzatori sociali che in parte hanno attenuato gli effetti della crisi ma soprattutto non si toccano i grandi patrimoni, i grandi capitali quella fascia sociale cioè di cui fa parte lo stesso Berlusconi ed il suo entourage. Ora c'è da sperare, e probabilmente si tratta più di una speranza, che il governo non sia in grado di realizzare un piano, fra l'altro stilato dal solo Berlusconi non discusso ne' all'interno del governo ne' con le parti sociali, che dovrebbe essere portato a conclusione in 8 mesi per fare ciò che non è stato fatto in tre anni e mezzo. Ma anche in questo caso il futuro governo dovrà confrontarsi con questo piano che verrà lasciato come una pesante eredità a chi sostituirà il cavaliere alla guida del paese. Insomma l'autunno sarà caldissimo con il paese stretto fra emergenze causate da catastrofi naturali e da una crisi che si intende far pagare a chi è già allo stremo dal punto di vista economico in quanto spremuto molto più di un limonre.
giovedì 27 ottobre 2011
Dove non arriva la natura .... arriva Berlusconi
L'autunno ormai da sempre è una delle stagioni più calde per l'Italia sia per gli eventi naturali sia per le tensioni sociali che si sviluppano in un paese da sempre in crisi. Anche il 2011 non si è smentito. Il maltempo, coadiuvato dal problema cronico dell'Italia e cioè il dissesto geologico, ha martoriato e distrutto una delle zone costiere più belle del paese: le cinque terre. Sono state sufficienti poche ore di piogge eccezionali per cancellare uno dei paesini più affascinanti di qualla zona, Riomaggiore, oltre che stroncare la vita di 6 persone (forse 14 considerato che ci sono 8 dispersi). Il giorno dopo, come prassi per questi eventi catastrofici, le solite polemiche che ci dicono di un evento annunciato, che ci fanno vedere come la speculazione edilizia e la cementificazione, uno dei mali cronici italiani alla stessa stregua della evasione fiscale, abbiano deturpato un ambiente naturale fra i più belli al mondo. Il nostro paese, che vive per grande parte sul turismo grazie anche ad un patrimonio ambientale eccezionale, non riesce proprio a conservare questa dote stupenda in virtù dello sfruttamento lasciato a pochi eletti. E la natura poi si scatena colpendo chi ? I poveri diavoli che da sempre occupano certi paesini caratteristici e non certo chi deturba l'ambiente con le proprie ville ed i propri possedimenti abusivi. Alle catastrofi naturali poi in autunno si sommano i soliti provvedimenti economici del governo di turno che si accaniscono sempre e comunque sulle stesse fasce sociali, quelle medio basse, quelle dei lavoratori dipendenti, quelle dei pensionati. Quest'anno poi nel pieno di una crisi economica mondiale senza precedenti e con un governo che per tre anni e mezzo ha fatto di tutto per negarla facendo lievitare il debito pubblico, i provvedimenti presi e quelli promessi rappresentano una vera catastrofe per quella parte del paese che vive di lavoro dipendente. Il governo Berlusconi, messo alle strette dall'Unione Europea e dalla speculazione nei confronti del nostro debito pubblico, ha già varato due manovre nella quali gli unici che non sono stati toccati sono i grandi capitali, gli imprenditori e naturalmente la casta dei politici. Ora l'Europa ha costretto il governo a varare quel decreto sviluppo che dovrebbe consentire, dopo i tagli alla spesa, di non cadere una recessione sempre più vicina. Berlusconi, ricattato da una maggioranza ormai non più in grado di governare, non ha fatto altro che scrivere una lettera di intenti, nel suo perfetto stile di fare grandi promesse che poi puntualmente non riesce a mantenere. Ora si spera che anche questa volta quanto illustrato in questa lettera sia essenzialmente un piano destinato a fallire sebbene sicuramente produrrà una guerra sociale probabilmente senza precedenti. In sostanza lo sviluppo del paese dovrebbe essere legato secondo il dittatore di arcore ai seguenti punti: libertà di licenziare per le imprese senza i lacci dello statuto dei lavoratori, flessibilità nella pubblica amministrazione con l'introduzione della cassa integrazione e anche qui dei licenziamenti, aumento a 67 anni dell'età pensionabile, ritorno alle privatizzazioni dei servizi in barba al recente referendum con il quale il paese ha detto no alla privatizzazioni. La sostanza quindi è sempre la stessa: si colpiscono i ceti medio bassi, i lavoratori dipendenti, i pensionati incentivando la disoccupazione e annullando quegli ammortizzatori sociali che in parte hanno attenuato gli effetti della crisi ma soprattutto non si toccano i grandi patrimoni, i grandi capitali quella fascia sociale cioè di cui fa parte lo stesso Berlusconi ed il suo entourage. Ora c'è da sperare, e probabilmente si tratta più di una speranza, che il governo non sia in grado di realizzare un piano, fra l'altro stilato dal solo Berlusconi non discusso ne' all'interno del governo ne' con le parti sociali, che dovrebbe essere portato a conclusione in 8 mesi per fare ciò che non è stato fatto in tre anni e mezzo. Ma anche in questo caso il futuro governo dovrà confrontarsi con questo piano che verrà lasciato come una pesante eredità a chi sostituirà il cavaliere alla guida del paese. Insomma l'autunno sarà caldissimo con il paese stretto fra emergenze causate da catastrofi naturali e da una crisi che si intende far pagare a chi è già allo stremo dal punto di vista economico in quanto spremuto molto più di un limonre.
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