giovedì 29 settembre 2016

Referendum: perché Renzi se ne dovrebbe andare e perché dovrebbe rimanere


Il buon Matteo Renzi rimarrà nella storia come il presidente del consiglio più voltafaccia che l'Italia abbia mai avuto. I suoi cambi di parere sono più numerosi ormai dei cambi di marcia che un pilota di formula 1 fa durante un gran premio. Si parte dal famoso "Mai al governo senza passare per elezioni" all'ultimo voltafaccia in ordine di tempo relativo al ponte sullo stretto. Naturalmente anche il referendum è stato oggetto di questi cambi improvvisi di traiettoria: si è passati dal "Se vince il No mi dimetto e smetto di fare politica", alla spersonalizzazione e quindi all'incertezza di quello che farà in caso di vittoria del No, fino all'ultimo il governo rimarrà fino al 2018. Insomma tutto rientrato. Ora nel caso del referendum costituzionale Renzi può andarsene o no in caso di vittoria del No ed entrambi i casi ci sono motivazioni sufficienti per giustificare il suo gesto qualunque sia. Intanto si può senz'altro dire che in un paese normale, democratico e repubblica parlamentare, la materia costituzionale dovrebbe essere prerogativa del parlamento e non del governo per vari motivi. Il primo ed essenziale motivo è che la Costituzione è la prima legge di una paese democratico, quella cioè che sancisce le regole del gioco e quindi tali regole dovrebbero essere "pure" e non contaminate da alcuna ideologia politica. Soprattutto dovrebbero essere condivise da tutti gli attori che poi parteciperanno al gioco e cioè partiti e formazioni politiche varie. Ma l'Italia non è un paese normale e l'errore di fondo di Renzi, parte dal fatto che il governo stesso è stato il fautore principale della riforma e continuato in questo errore portando il parlamento ad approvare la riforma stessa a colpi di maggioranza e senza ottenere il consenso dei 2/3 del parlamento. In questo modo la riforma Boschi-Renzi-Verdini è la riforma del Pd, come quella del 2006 fu la riforma del centro destra, e come tale probabilmente, anche se passerà l'ostacolo del referendum, è probabile che appena la maggioranza cambierà, si provvederà ad una ulteriore riforma della Costituzione. Ora avendoci messo direttamente la faccia e avendola fatta propria del governo sarebbe abbastanza chiaro e logico che un voto contrario da parte dei cittadini equivarrebbe ad una mancanza di fiducia del paese e quindi le dimissioni di Renzi sarebbero la consequenza logica. Cameron in Inghilterra è l'esempio palese di che cosa dovrebbe fare un capo di governo. Allo stesso tempo però chi andrà a votare pensando di mandare a casa Matteo Renzi o di dargli fiducia, sbaglia profondamente in quanto qui è in gioco non una legge o un provvedimento qualsiasi ma la Costituzione, la legge più importante e fondamentale della vita democratica. Ecco perché alla fine in caso di vittoria del No, un presidente del consiglio intelligente e responsabile dovrebbe prendere atto del voto e quindi magari "provare" ad ascoltare quelle voci che durante l'iter parlamentare della riforma non ha ascoltato. In questo modo forse si potrebbe arrivare ad una nuova Costituzione nella quale davvero sarebbero corretti quegli aspetti importanti che dovrebbero rendere il paese in grado di diventare più efficiente e più democratico di quanto non sia attualmente. Ma per prendere questa strada occorre una buona dose di "intelligenza" politica, quella che in questo momento fa difetto a qualsiasi esponente politico presente in parlamento e nelle istituzioni. Insomma oltre gli aspetti negativi relativi ai contenuti di questa riforma, anche gli aspetti formali, relativi alle modalità attraverso le quali è stata condotta tutta la vicenda parlamentare, sono un enorme pasticcio per cui qualunque decisione prenderà Renzi dopo il voto sarà sbagliata o giusta a seconda da come la si vede. A dimostrazione del caos politico del nostro paese.

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