lunedì 12 dicembre 2016

Renzocchio nel paese dei balocchi: da rottamatore a restauratore


Se Collodi fosse vissuto in questo periodo storico non avrebbe avuto bisogno di scrivere Pinocchio, sarebbe stato sufficiente osservare la realtà di questa ultima settimana. Il referendum del 4 dicembre ed il risultato della consultazione referendaria non è servita altro che a fermare una revisione costituzionale pericolosa e peggiorativa, ma come al solito la classe politica, tutta, non ha capito niente di quel risultato e tutti ne usano il risultato a proprio uso e consumo. Intanto nessuno, dal fronte del Si e da quello del No, ha ben presente i principi che sono scritti nella nostra carta costituzionale. Uno degli obiettivi della nuova costituzione, secondo i riformatori ed i sostenitori del Si, avrebbe dovuto essere la maggiore stabilità politica e di governo. Come se la stabilità dipendesse dalla Costituzione. Proprio il padre costituente mancato, Matteo Renzi, ha fatto cadere due governi: quello del sereno Letta ed il suo. A dimostrazione che i governi in questo paese cadono non a causa di una costituzione debole ma piuttosto per una politica incapace di governare in maniera efficiente, seria nell'interesse del paese, e che usa la tagliola della stabilità per lotte interne e di partito. Il governo Letta è caduto per le manie ambiziose e di protagonismo del segretario del Partito Democratico; lo stesso segretario che ha fatto cadere il proprio governo per avere interpretato a proprio uso e consumo il voto del referendum  che era semplicemente sulla riforma costituzionale e su niente altro. Allo stesso modo le opposizioni che hanno scelto il NO per difendere la Costituzione, dimostrano ampiamente di non conoscere quanto la nostra Costituzione prevede in materia di governo e presidente del consiglio. Continuano a ripetere il mantra di un quarto governo (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) non votato dagli italiani, ignorando che la nostra repubblica è una repubblica parlamentare dove il presidente del consiglio è nominato dal Presidente dalla Repubblica e che il parlamento deve votare la fiducia al governo affinché questo possa assolvere al proprio compito istituzionale. Nessun governo è eletto dal popolo o passa attraverso elezioni. Addirittura le opposizioni non si presentano alle consultazioni con il presidente del con siglio incaricato e tentano di chiamare a raccolta il popolo per organizzare dimostrazioni ..... contro la Costituzione che una settimana fa dichiaravano di voler difendere ad ogni costo. E così sembra proprio di stare nel paese dei balocchi. Matteo Renzi che disattende l'ennesima promessa: "Se perdo il referendum, mi dimettod da presidente del consiglio e smetto di fare politica". Da presidente del consiglio si è dimesso, ma solo per addirittura sostituire anche il presidente della repubblica e tenere consultazioni "ombra". In pratica più che ritirarsi dalla politica si è messo a manovrare le fila del suo partito scegliendo i burattini per la nuova rappresentazione: Gentiloni, Madia, Lotti, etc. etc. In queste ore ha dismesso totalmente i panni del rottamatore per indossare addirittura quelli del restauratore: ha rimesso in  piedi con tutti i crismi modalità e comportamenti della prima repubblica. Con una aggravante: nella prima repubblica i politici erano politici con la P maiuscola, lui è un povero ambizioso, con una superbia ed una arroganza unica che lo rende inadatto a qualsiasi incarico istituzionale di rilievo.
Ed ora eccoci qua con un "nuovo finto governo" nella formazione del quale non si è avuto nemmeno il buon gustio di lasciare fuori gli autori principali del disastro del precedente: Alfano che addirittura è stato promosso, Lotti che farà il boy guard per rappresentare Renzi, la Boschi sottosegretario alla presidenza del consiglio, la Madia autrice di un a riforma della Pubblica Amministrazione incostituzionale. Unica a rimetterci le penne è stata la ministra della pubblica istruzione, Giannini, rinoscendo la categoria degli insegnanti come la maggiore responsabile per la sconfitta del Si. Insomma una crisi di governo ed un rimpasto che assomiglia più ad un regolamento di conti interno che ad una risposta reale alla vittoria del No al referendum.
D'altra che cosa pretendere da questa politica quando si forma un governo nel quale il neo-sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri del governo stesso, altri non è che un ministro che a maggio rspondeva in merito ad eventuali dimissione in caso di sconfitta del Si: "Non succederà, perché il referendum lo vinceremo, ma se questo programma di cambiamento non dovesse essere quello voluto dai cittadini, come potremmo restare? L'abbiamo già detto: se il referendum dovesse andare male, noi faremo altro. Lasciare la politica insieme a Renzi? Sì, è un lavoro che abbiamo fatto insieme e quindi ci assumiamo insieme la responsabilità di un progetto nel quale abbiamo creduto e lavorato per tanto tempo" 

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