mercoledì 7 dicembre 2016

Da un governo (Berlusconi) che si dimette senza sfiducia ... ad un governo (Renzi) che si dimette con la fiducia

La così detta seconda repubblica sta rotolando irrimediabilmente verso il baratro finale, ammesso che già non ci sia finita. Dal punto di vista istituzionale ed anche costituzionale siamo ad una farsa che non sarebbe mai accaduta nella così detta prima repubblica. Il governo Renzi oggi rassegna le dimissioni dopo aver ottenuto ... la fiducia al Senato. Cioè la nostra Costituzione consente ad un presidente del consiglio, nominato dal Presidente della Repubblica, di guidare un governo, anche se non passato da elezioni politiche, purché questo ottenga la fiducia in parlamento, camera e senato, ed oggi un governo che, ha ottenuto questa fiducia, si dimette ed apre una crisi politica con poche alternative se non si andrà a nuove elezioni. Sempre in questa seconda repubblica nel 2011 un governo, l'ultimo guidato da Silvio Berlusconi, si dimise senza passare dalle camere e quindi senza essere sfiduciato dal parlamento. Per completare la situazione al limite della satira e del burlesque, il governo dimissionario di Matteo Renzi avrebbe voluto cambiare la Costituzione, quella Costituzione cioè che non riesce nemmeno a rispettare. Meno male che ci hanno pensato i cittadini a fermarlo così come fermarono Berlusconi, anche lui intenzionato a modificare la carta costituzionale che, a suo parere, costituiva un impedimento alla azione di governo. Il buon Matteo ha comunque combinato un bel casino e in questo frangente, dove per la prima volta si è ritrovato perdente, se si esclude la prima partecipazione alle primarie contro Bersani, ha dimostrato tutta la propria incapacità a gestire un momento di difficoltà politica. La sua presunzione e la sua ambizione gli hanno fatto commettere diversi errori mettendo in luce oltre alla incapacità politica anche una notevole inadeguatezza a ricoprire cariche istituzionali di una certa rilevanza.
Ha cambiato la legge elettorale anticipando il passggio della riforma costituzionale.
Ha sbagliato a intraprendere una riforma costituzionale che nel nostro ordinamente è di pertinenza del parlamento e non del governo.
La sua presunzione lo ha reso indifferente alle critiche del suo stesso partito rimuovendo dalle commissioni parlamentari chi non andava nel suo verso.
Approvata la riforma, convinto del consenso popolare, ha personalizzato il referendum mettendo in discussione non solo il suo governo ma anche la sua carriera politica in caso di sconfitta.
Si è speso in tutta la campagna referendaria mettendo la faccia non come segretario del partito democratico ma come presidente del consiglio, interpretando in maniera errata la sua carica istituzionale.
Perso il referendum non ha aspettato nemmeno i risultati parziali ma semplicemente sulla base degli exit pool ha dichiarato a reti unificate che si sarebbe dimesso da presidente del consiglio non rendendosi conto che avrebbe avuto dei compiti delicati da portare a termine come l'approvazione della legge di stabilità al senato.
Ripreso dal Presidente della Repubblica ha fatto approvare la legge di stabilità mettendo la questione di fiducia sapendo che comunque si sarebbe dimesso, appena ottenuta la fiducia.
Convoca una direzione del proprio partito senza dare modo ad alcuno di intervenire e chiede un governo di unità nazionale come se si trattasse del presidente della repubblica e ben sapendo l'impossibilità di questa soluzione.
Naturalmente non è l'unico a non saper interpretare un ruolo istituzionale, ma anche i suoi avversari politici si contendono alla grande il ruolo del peggiore. Salvini chiede elezioni subito ben sapendo che non sarebbe proprio possibile senza prima modificare la legge elettorale quanto meno per renderla un minimo uniformi fra camera e senato, pena l'impossibilità di avere un governo. Il Movimento 5 Stelle dimostra di aver imparato subito le maniere della politica italiana ed ora vorrebbe andare subito ad elezioni allargando la legge elettorale dell'Italicum anche al Senato, incurante di aver dichiarato fino a sabato l'incostituzionalità dell'Italicum stesso. Alla fine il più "saggio" (ma guarda che cosa mi fa scrivere Renzi) è Berlusconi la cui linea politica è quella che il Partito Democratico, che continua ad avere la maggioranza, deve garantire la continuità della legislatura portando a termine una nuova legge elettorale per arrivare a nuove elezioni alla scandenza naturale della legislatura stessa.

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