sabato 29 marzo 2014

Quesito: il problema è quanto si spende o come si spende ?


Nella sbornia mediatica alla quale è stato sottoposto il paese da un mese a questa parte dopo la nomina di Matteo Renzi a presidente del consiglio, si sta perdendo la capacità di analisi di tutte le proposte che l'ex sindaco di Firenze butta sul tavolo preso dalla smania della velocità. Una velocità che rischia di travolgere tutto e di fare più danni dell'immobilismo degli ultimi anni dovuto sia ad un imprenditore sceso in politica per risolvere i propri problemi personali che ad un partito trasformatosi in un carrozzone privo di anima e di idee concrete ed alternative. Ora questo giovanotto rampante, travestito da politico di sinistra ma democristiano nell'anima, pretende in pochi mesi di fare riforme sulle quali la politica è impantanata da anni e di farle senza dare il tempo ad alcuno di ragionare, di analizzare ma soprattutto senza consentire ad alcuno di apportare modifiche al suo pensiero. Ora che le riforme vadano fatte è un fatto assodato ma non tanto per farle come sta facendo il Renzie nazionale. La riforma elettorale sembra la fotocopia del porcellum con dubbi di incostituzionalità da chiarire e comunque antidemcoratica, la riforma del senato, attenzione non abolizione come viene sbandierato, è un altro colpo alla democrazia, la riforma delle province, ed anche in questo caso non abolizione, ricopia quella del senato, il decreto sul lavoro altro non è che un incentivo della precarietà, la riforma della pubblica amministrazione questa sconosciuta per ora. Insomma un'accozzaglia di provvedimenti dal dubbio valore riformatore se non quello di toglie sempre di più il potere al popolo, prima limitandone la rappresentanza con la legge elettorale, poi trasformando istituzioni da elettive a nominate come il senato e le province. E che dire della famosa spending review tanto sbandierata ? Tutti i governi che ci hanno provato, hanno finito per apportare dei tagli alla spesa pubblica con un conseguente doppio effetto: da una parte diminuire i servizi ed abbattere il walfare dall'altra aumentare comunque la spesa in termini assoluti e quindi di fatto peggiorare il rapporto qualità dei servizi/spesa. A questo giro è stato chiamato addirittura un manager per "tagliare" la spesa pubblica, ma si badi bene ... tagliare non razionalizzare, perchè questo sarebbe il termine giusto da usare. A tagliare siamo tutti bravi non ci vuole una grande mente o una grande capacità manageriale: è sufficiente licenziare qualche migliaio di dipendenti pubblici, togliere un po' di soldi a qualche ministero magari non a quello dell'istruzione per farsi belli ma a quello dell'interno riducendo quindi un settore strategico come quello della sicurezza, prendere qualche soldo ai pensionati che tanto non hanno potere contrattuale e sfruttare le riforme antidemocratiche che consentiranno qualche risparmio in più, ed infine vendere ... anzi svendere qualche auto blu salvo poi riacquistarne delle altre, un rischio concreto. Ma avere uno stato che spende meno non è certo sinonimo di uno stato che funziona meglio anzi in Italia, ammesso che ci si riesca, è impensabile che si ottenga questo risultato. Alla fine non è importante sapere quanto guadagnano i manager pubblici, ma sarebbe prioritario sapere prima se quello che guadagnano è rispondente al loro lavoro e secondo che tutti i cittadini avessero l'opportunità di avere un lavoro degnamente retribuito. Il taglio della spesa pubblica finisce, anche con Renzi, per essere una bandiera sventolata ma il cui risultato è probabile vada a fallire come tutti i governi che lo hanno affrontato solo in termini di taglio e non di razionalizzazione. Insomma per ora questo governo fa molto fumo, per l'arrosto c'è da aspettare sperando che non esca bruciato dal forno.

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