L'accoppiata Berlusconi-Bossi è sempre risultata un pò strana e anomala in considerazione dei rispettivi progetti politici. Da una parte il cavaliere, impegnato nella sua eterna lotta con la giustizia dopo essere stato abbandonato dai suoi amici socialisti, che si getta in politica per difendere direttamente dalle stanze del potere i propri interessi e la propria fedina penale. Dall'altra il lombardo che cerca di cavalcare il disagio delle popolazioni del Nord nella maniera più becera possibile, lanciando cioè l'idea di una nazione del nord che lotti per la secessione dallo Stato italiano. Due progetti diversi ma che hanno un filo conduttore unico, non perfettamente chiaro da subito, ma che appare in tutta la sua limpidezza già dal secondo governo Berlusconi: disintegrare lo stato italiano e le sue fondamenta a partire della carta costituzionale. L'obiettivo è unico se pur per scopi diversi: il federalismo (come ripiego alla creazione di uno stato indipendente della Padania) da parte di Bossi, garantire la propria immunità rispetto alla giustizia da parte di Berlusconi. In mezzo a questa santa alleanza, per raggiungere un predominio incontrastato nel paese, i due, ma soprattutto Berlusconi, hanno fatto salire sul loro carro Gianfranco Fini e quasi tutta la destra del paese nata dalle ceneri del fascimo e dalla scomparsa del Movimento Sociale Italiano. Un'entità quella della destra però un pò anomala rispetto agli obiettivi dei due grandi manovratori: i principi e gli ideali della destra erano e sono in pieno contrasto con gli obiettivi della Lega soprattutto in merito allo Stato ed alla identità nazionale, ma lo sono altrettanto anche con gli obiettivi di Berlusconi soprattutto per ciò che concerne la giustizia. Era solo questione di tempo e poi il terzo incomodo, Fini, sarebbe stato scaricato, come è appena accaduto, lasciando nel polpettone del Pdl solo coloro della destra che hanno tradito i loro ideali per questione di opportunità. Ma anche il rapporto della strana coppia B&B è disseminato di spine e di nodi che prima o poi verranno al pettine. Berlusconi tiene legato a se il leader verde mostrando di tanto in tanto il miraggio del federalismo, passo intermedio per il popolo del Nord al fine di raggiungere la tanto sospirata secessione, Bossi sa che il cavaliere è l'unico che può consentirgli di arrivare al tanto desiderato obiettivo. Ma Berlusconi, troppo impegnato nei suoi guai, se ne frega altamente del federalismo ed a parte qualche contentino per il momento non si è ancora entrati nella vera fase riformatrice. Ora anche questo rapporto inizia a mostrare qualche crepa in virtù anche della crescente popolarità dei fascisti verdi e Bossi scalpita per arrivare alle elezioni il prima possibile al fine di raccogliere i frutti che i sondaggi gli assegnano e quindi magari ottenere un maggior peso rispetto al suo alleato. Una partita aperta che, comunque vada sarà una vera sciagura per il paese, sciagura alimentata e agevolata dall'assenteismo delle opposizioni e soprattutto del più grande partito (solo in termini numerici ma non qualitativi) dell'opposizione, il Partito Democratico. Se solo il PD avesse avuto qualche leader di un certo peso, con un certo carisma sarebbe stato facile infilarsi nelle varie crepe della maggioranza di centro destra e scardinare questa santa alleanza priva di progetti di vero interesse per l'intero paese e per il cittadino comune. Ma tutto il movimento della sinistra è ormai allo sbando e privo di idee, perfino i sindacati ormai rimediano brutte figure ed hanno issato bandiera bianca rispetto alla grande imprenditoria riportando indietro il paese di decine di anni.
mercoledì 8 settembre 2010
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1 commento:
po' si scrive con l'apostrofo MANNAGGIA! non con l'accento
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