martedì 21 giugno 2016

Sindaci 2016: tutti hanno qualcosa da imparare


Dopo la sbornia dei commenti post-ballottaggi ora sarebbe il momento di tirare le fila perché alla fine tutti, vincitori e sconfitti, avrebbero qualcosa da imparare analizzando i risultati. E' vero si trattava di elezioni amministrative che riguardavano i sindaci, ma in Italia qualsiasi sia il tipo di tornata elettorale si trovano sempre delle ragioni politiche a commento dei risultati. Ed anche questa volta la regola è confermata anche perché erano interessate alcune grandi città strategiche per la politica italiana. I primi a dover fare tesoro dei risultati sono i vincitori, i grillini, che hanno conquistato Roma, ma il risultato era scontato alla luce della recente storia politica dellca capitale, e Torino vera sopresa di queste elezioni. Il M5S dovrebbe riflettere sul fatto che non sarebbe mai arrivato al successo senza i voti del centro destra, che pur di far fuori un candidato del Pd avrebbe votato chiunque. Va bene la coerenza, va bene non fare accordi con nessuno ma in politica purtroppo non funziona così, soprattutto nel nostro paese dove il bipolarismo non ha mai funzionato. Se i grillini avvessero accettato la mano che Bersani a suo tempo gli tese dopo le elezioni 2013 oggi il paese non si troverebbe in questa situazione a dover combattere per difendere la democrazia da un presuntuoso arrivista come Matteo Renzi. La sconfitta di Napoli ma soprattutto quella di Torino dovrebbe far riflettere anche il Pd e farlo ragionare sulle consequenze dell'abbandono definitivo della sinistra per spostarsi inesorabilmente verso il centro tendente a destra. E' vero che l'Italia non è certo un paese sinistrorso ma lo sbandamento del Pd che pretende di fare riforme costituzionali con un plurindagato e in barba a tutto il parlamento non paga, come non paga le controriforme come quella del lavoro e l'abbraccio mortale con Marchionne e la Confindustria, Torino ne è la dimostrazione. Il centro destra alla fine scompare in virtù della scomparsa di Berlusconi e di una tendenza di tutti i partiti che si mostra mortale: il partito padronale e guidato da un unico personaggio che non garantisce la crescita di una classe dirigente valida. Il padrone o il leader forte prima o poi se ne va e dietro rimane il deserto. D'altra parte la storia politica italiana, soprattutto quella della seconda repubblica, ha dimostrato che quando un partito ha un leader forte, attenzione forte non significa che abbia idee e progetti validi ma semplicemente che sa comunicare strillando, il partito ottiene ottimi risultati (Forza Italia con Berlusconi, M5S con Grillo, Pd con Renzi, Lega con Salvini) ma quando il leader finisce il suo ciclo del partito non rimarrà più niente o quasi. Quello che accade a sinistra è un ulteriore dimostrazione di questa regola: senza leader non si va da nessuna parte. Ma in questo caso poi la sinistra stessa ci mette del suo con divisioni, suddivisioni, partitelli e movimentelli vari che, in un paese tendenzialmente di centro con risvolti destrorsi, significano la morte sicura o la continua permanenza in terapia intensiva. Ora il prossimo appuntamento sarà ad ottobre che potrebbe essere la spallata definitiva a Matteo Renzi ed al Pd per tornare finalmente alle urne in cerca di un cambiamento reale.

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