giovedì 21 dicembre 2017

I dilettanti del conflitto di interessi




E' noto che non sempre i figli riescono a percorrere le strade dei padri ed a raggiungere il loro livello di professionalità, spesso avviene è vero ed molto spesso il figlio supera il padre, ma esistono sempre le eccezioni che servono comunque a confermare la regola. Matteo Renzi è una di queste eccezioni. Politicamente Renzi è il figlio legittimo di Silvio Berlusconi e non lo dico io ma lui stesso: in uno dei suoi deliranti tweet ha ammesso che Berlusconi ha fatto promesse e lui con il suo governo ha realizzato le promesse fatta dall'ex cavaliere. D'altra parte la politica dei famosi 1000 giorni è stata tutta incentrata su provvedimenti di stampo destrorso (Jobs Act e bonus vari in primis), una strategia messa a punto fin da quella famosa cena quando Renzi, sindaco di Firenze, invece di incontrare l'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, si recò appunto ad Arcore per un appuntamento "istituzionale". Dal punto di vista politico quindi il fiorentino si può dire che abbia eguagliato se non superato il cavaliere di Arcire, dove ha totalmente fallito nel seguire le orme del padre putativo è nel campo del conflitto di interessi. Berlsuconi altra stoffa ed altra "intelligenza": nei suoi governi non si contano le leggi ad personam emanate per allontanarlo il più possibile dalla giustizia. Una serie di leggi che gli hanno consentito di salvarsi, nella maggioranza dei casi per la prescrizione, da sentenze di condanna. Quando ha capito di non riuscire nell'ennesimo salvataggio, ha ceduto le armi al suo erede naturale Matteo Renzi. Il fiorentino dopo essersi circodato di "amici" corregionali aveva un solo compito da svolgere nel campo del conflitto di interessi: salvare Banca Etruria. E il compito l'ha mancato goffamente. Addirittura ha messo in peidi una commissione d'inchiesta parlamentare per chiarire che lui e la sua ministra prediletta, Maria Elena Boschi, non erano coinvolti in alcun modo ed invece la suddetta commissione ha messo in chiaro tutte le goffe manovre messe in piedi dai due senza alcun risultato. La commissione ha addirittura portato alla luce che non fu solo la ex ministra Boschi a cercare di intercedere per il salvataggio della banca cara alla sua famiglia, ma perfino il presidente del consiglio, Matteo Renzi, si mosse in tal senso o direttamente o per mano del fedele amico Carrai, altro goffo personaggio in questioni del genere. Il fido Carrai scrisse addirittura una email in chiaro a Ghizzoni per "sensibilizzare" Unicredito al salvataggio di Banca Etruria. Naturalmente nessuno ha invitato esplicitamente Unicredit ad acquisire Banca Etruria, ma si sono limitati a suggerire una valutazione sulla possibilità di un'eventuale acquisizione, insomma si è lavorato di fino. E come hanno dichiarato i testimoni, nessuno ha fatto pressioni in tal senso, come se un suggerimento fatto da un ministro o addirittura dal presidente del consiglio o da un amico del presidente del consiglio non fosse già una pressione bella e buona. Oppure si vuole sostenere che il suggerimento fatto da un cittadino comune o da un ministro hanno lo stesso peso ? Rimane il fatto che tutto questo scoperchiare di pentole fatto a fine legislatura, quando non ha senso chiedere le dimissioni di alcuno, alla fine sposta completamente dal reale problema delle crisi bancarie: le banche sono andate in crisi per crediti che non sono stati restituiti e per coprire questi buchi lasciati da grandi manager o da grandi gruppi industriali si sono messi sul lastrico azionisti e risparmiatori, cittadini onesti ingannati dalle stesse banche. Su questo aspetto doveva essere fatta chiarezza ma la chiarezza non arriverà, per ora sappiamo solo che Matteo Renzi, con "amici" ministri e non, in qualche modo hanno "provato a suggerire" come salvare non il sistema ma una sola banca e senza fare pressioni sia chiaro !!!!!!

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