martedì 7 marzo 2017

La bufala del garantismo

Siamo alle solite. Quando arriva qualche inchiesta della magistratura che coinvolge qualche personaggio delle istituzioni immediatamente il mondo politico si divide fra garantisti e giustizialisti, una suddivisione fittizia e inappropriata che sarebbe come dire che c'è chi riconosce e rispetta la Costituzione e chi no. Il garantismo, che riguarda reati penali, è un diritto sancito dalla Costituzione Italiana che considera qualunque cittadino italiano innocente davanti alla legge fino al terzo grado di giudizio. Affermare di essere garantisti è pleonastico, non serve ed è inutile, affermare di non essere garantisti o giustizialisti è una falsità bella e buona. Ecco allora che tutti i politici che si affannano nelle loro dichiarazioni di garantisti o non garantisti nel caso di indagini nelle quali siano coinviolti personaggi pubblici non aggiungono altro a ciò che è già sancito dalla costituzione, piuttosto diventano tutti dei sani populisti che utilizzano tali affermazioni per fare leva sull'opinione pubblica. Il problema naturalmente è un altro e riguarda l'opportunità o meno che un politico coinvolto in indagini della magistratura continui a svolgere le proprie funzioni indipendentemente dall'aver commesso o meno dei reati. La moralità della politica non dovrebbe essere solo quella di non rubare ma anche, e soprattutto, quella di rispettare e far rispettare le regole con severità e intransigenza. Se chi è chiamato a scrivere le regole della convivenza civile e democratica è poi lui stesso che non rispetta queste regole, perde l'autorevolezza necessaria per ricoprire incarichi come quello di parlamentare o peggio ancora di ministro. E questo indipendentemente dalla rilevanza penale dell'atto commesso anzi a volte la rilevanza penale è secondaria. Prendiamo il ministro Lotti che magari ha semplicemente avvertito un amico del fatto che era intercettato, un peccato veniale se commesso da un cittadino comune, un peccato mortale se commesso ad un ministro che di fatto intralcia le indagini delle istituzioni quelle stesse istituzioni che lui rappresenta. E dovrebbe essere il cittadino stesso a chedere che il ministro si faccia da parte fino a quando non ha chiarito la propria posizione: fare politica e/o addirittura fare il ministro non è un obbligo, nessuno può mettere in dubbio l'innocenza fino a condanna definitiva ma la democrazia richiederebbe di essere guidata da persone integerrime. Ma chiedere alla politica rispetto per le regole e coerenza in Italia è impresa impossibile. Il "rottamatore", che doveva cambiare verso anche a questo malcostume politico tutto italiano, ha fallito anche questo obiettivo ma lo ha fallito in partenza circondandosi prima che di uomini e/o donne capaci di amici/amiche. Chi arriva a ricoprire i più alti incarichi dello Stato dovrebbe prima di tutto tenere a debita distanza amicizie e famiglia per non diventare ricattabile e per non dover poi difendere a spada tratta, in nome dell'amicizia o della parentela, persone indifendibili. Ma siamo in Italia il paese dove avere un "amico" in posti strategici vale molto più che un titolo di studio o una professonalità accertata.

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