mercoledì 13 gennaio 2016

Il più pulito ha la rogna ... ma non solo in politica


Pretendere che la politica italiana sia una specie di limbo dove non esistono mafiosi, camorristi, e delinquenti comuni sarebbe come pensare che in uno stagno acquitrinoso non siano presenti zanzare a pappataci. In un paese dove esistono territori sotto il controllo delle organizzazioni malavitose è praticamente impossibile che le stesse organizzazioni non tentino, riuscendovi, ad infiltrarsi nelle formazioni politiche. Il problema non è quello delle infiltrazioni quanto piuttosto poi come reagisce un partito nel momento in cui viene scoperta la presenza di personaggi di dubbia provenienza all'interno della formazione politica stessa o addirittura all'interno delle istituzioni. Un problema antico per il nostro paese ma mentre nella cosidetta prima repubblica la malavita agiva dall'esterno servendosi del politico, oggi agisce entrando direttamente all'interno della formazione politica, del partito o del movimento. Questo problema si è accentuato anche con la trasformazione dei partiti da organizzazioni che rappresentevano una spece di scuola politica, in organizzazioni personali che girano intorno ad un leader ma che hanno perso la funzione di radicamento sul territorio e di palestra per chi intende cimentarsi nella carriera politica. E questo è un difetto che colpisce anche il Movimento 5 stelle, l'ultima formazione di una certa consistenza nata nel panorama politico italiano. E' quindi praticamente impossibile avere la certezza assoluta che all'interno di un partito o movimento non entrino personaggi legati alla malavita. Non esistono strumenti per mettersi al riparo da queste infiltrazioni ed anche la proposta lanciata ieri da Di Battista del M5S fa acqua da tutte le parti. Di Battista dice che prossimamente faranno valutare le loro liste dalla magistratura alla caccia di eventuali infiltrati, ma l'episodio di Quarto dimostra l'inutilità di questa eventuale strategia: il consigliere De Robbio, il più votato dei 5 stelle, era incensurato e non era oggetto di alcuna indagine della magistratura. Quindi il problema è sicuramente quello di alzare barriere per evitare infiltrazioni, ma senza dare alla magistratura compiti che non le spettano come quello di certificare le liste elettorali. Il problema poi si sposta sull'azione che il partito o il movimento deve mettere in atto quando su qualche suo affiliato sorgano problemi o sospetti. Ecco che qui allora tutte le accuse del Partito Democratico verso il Movimento 5 Stelle sono una grande spettacolo di satira. Il M5S ha espulso sindaco e consigliere (fra l'altro prima che ricevesse l'avviso di garanzia) di Quarto dopo che sono venuti alla luce problemi o sospetti di connivenza con la camorra, mentre il Pd per esempio ha candidato un personaggio come De Luca condannato in primo grado e quindi non eleggibile alla presidenza della regione campania. Per non parlare di sottosegratari, sindaci, amministratori regionali e comunali del Partito Democrarico che hanno problemi con la giustizia, condanne o che che sono oggetto di indagini. Il tutto in nome del garantismo. Ora la presunzione di innocenza è naturalmente un fatto assodato fino a condanna definitiva, ma fare politica non è un obbligo e quindi la presunzione di innocenza in questo caso non ha alcun valore. Se un politico è anche semplicemente sospettato di qualche azione criminale di qualsiasi natura, dovrebbe lasciare il proprio incarico, come di fatto avviene in tutti i paesi con una democrazia vera e solida. Se così non avviene, come non avviene in Italia, è perché le organizzazioni mafiose e camorriste sono più radicate sul territorio dei partiti stessi e per debellare questa situazione non bastano i molti cittadini onesti (per fortuna la maggioranza) di questo paese anche perché, purtroppo, questi cittadini invece di invadere la politica hanno scelto di allontanarsene.

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