mercoledì 12 settembre 2018

I nodi (flat tax, pensioni, reddito di cittadinanza) arrivano al pettine (legge di stabilità)


Fra blocco di porti, vaccini si vaccini no, decreti più o meno dignità (unico provvedimento serio di questo governo), ritiro o non ritiro concessioni, privatizzazioni si o no o forse, centri commerciali aperti o chiusi durante le festività, ci si avvicina al dunque ed ai provvedimenti seri come la legge di stabilità di fine mese. Ecco allora che i nodi delle promesse elettorali vengono al pettine per un'alleanza di governo nella quale i verdi e i gialli sembrano sempre più due poli che si respingono piuttosto che attrarsi. In realtà anche all'interno dei gialli le idee sono poco chiare e, fra una gaffe e l'altra del suo responsabile politico nonché viceministro, si va avanti a zig-zag o con vere e proprie inversioni di marcia. La strategia del M5S è quella di lanciare sui social un'idea, vedere poi le reazioni della rete, e dopo 24 ore aggiustare il tiro, un aggiustamento che a volte li porta a sostenere l'esatto contrario di quanto affermato il giorno prima. Da questo punto di vista la Lega è senza dubbio un partito più strutturato e solido sebbene guidato da un megalomane socio-patico che passa più tempo sui social Twitter e/o Facebook che al Viminale a svolgere il proprio lavoro. Il M5S vive invece alla giornata ed in tre mesi di governo ha fatto retromarcia su molti punti del suo programma, come d'altra parte era prevedibile considerato la loro natura di apprendisti politici. Per entrambi i contendenti stanno comunque arrivando i nodi al pettine, dove i nodi sono le promesse lanciate in campagna elettorale ed il pettine è la legge di stabilità. Promesse che riguardano flat tax e pensioni dalla parte verde, reddito di cittadinanza dalla parte gialla. Provvedimenti strombazzati prima delle elezioni senza pensare alle coperture e lasciando intendere che tutto sarebbe stato realizzato appena arrivati al governo. Ora però c'è da fare i conti con le casse delle stato ed allora iniziano i dolori. Il povero ministro Treia, che quei conti devi farli quadrare per non far saltare il banco, ha già avvisato entrambi gli alleati-contendenti che non si potrà fare tutto, anzi che si potrà fare ben poco: la flat tax si ridurrà ad una revisione dell'aliquota irpef più bassa diminuendola di un punto, per il reddito di cittadinanza si parla di qualche spicciolo invece dei 780 euro strombazzati ma si dovranno recuperare risorse dagli 80 euro (voglio proprio vedere quelli che li hanno presi ed ai quali saranno tolti), dalla riduzione delle detrazioni irpef e dall'ennesimo condono fiscale che la Lega chiama però pace fiscale. Immediatamente il ministro è stato minacciato dal M5S di dimissioni qualora non inserisse nella legge di bilancio il reddito di cittadinanza, ma niente di strano: i grillini ci hanno abituato a disconoscere ciò che è dimostrabile con dati reali e incontrovertibili. D'altra parte la loro ignoranza è tangibile giorno per giorno anche per bocca del responsabile politico del movimento 5 stelle che ne spara una al giorno. L'aspetto più tragicomico è che il governo autodefinitosi del cambiamento in realtà si sta comportando esattamente come tutti i vari partiti che sono arrivati a governare il paese: fare giravolte incredibili per disattendere le tante promesse della campagna elettorale. Qui forse si è esagerato in quanto si sono alleate due formazioni, che in campagna elettorale se le davano di santa ragione, le cui proposte erano e sono inconciliabili da punto di vista del loro costo. Ne vedremo delle belle o delle brutte chissà.

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