giovedì 24 marzo 2016

Fino a quando la chiameremo guerra ....




Siamo in guerra. Siamo sotto attacco. Affermazioni ormai diventate uno scontato commento dopo ogni attentato terroristico. Dichiarazioni utilizzate la prima volta del presidente degli stati uniti dopo l'attentato alle torri gemelle dell'11 settembre del 2011. Ma la guerra è un'altra cosa. In guerra il nemico si conosce, lo si guarda negli occhi e lo si affronta a viso aperto sul campo di battaglia. In guerra ci sono eserciti che si contrappongono ognuno dei quali pienamente cosciente di quale sia il nemico da combattere. Contro il terrorismo di questi ultimi quindici anni non si può essere in guerra. Il nemico è un vigliacco sanguinario, un criminale subdolo che agisce nell'ombra uccidendo persone indifese ignare della presenza fra di loro dell'attentatore di turno. Il terrorista non affronta apertamente un esercito nemico ma spara, uccide, semina bombe in mezzo alla gente comune, una specie di killer seriale che si diverte a stroncare la vita di vittime inermi. Ecco perché non siamo in guerra ed ecco perché non ne usciremo fuori fino a che penseremo di dover combattere una guerra. Non ci sono stati o nazioni che si affrontano e tanto meno ci sono eserciti contrapposti che provano l'uno a sopraffare l'altro come il mondo occidentale è abituato a fare da millenni. Se si fosse trattato di una guerra vera probabilmente l'avremmo già vinta, ma qui si deve combattere contro delinquenti comuni della peggiore specie, privi di coraggio, che agiscono singolarmente guidati da un fanatismo pseudo religioso. La dimostrazione sta nella storia degli ultimi 15 anni durante i quali l'occidente ha pensato di sconfiggere il terrorismo portando la guerra in paesi come Iraq, Afghanistan, Libia con la giustificazione della esportazione della democrazia. Un progetto fallito come dimostrano gli attentati portati a termine in questi mesi e durante questi anni. Sono stati destituiti dittatori e ribaltati regimi integralisti ma la democrazia per quei paesi rimane più che lontana. La democrazia infatti non si esporta e soprattutto non la si impone con una guerra,  la democrazia la si conquista, una conquista che può essere raggiunta solo dal popolo oppresso che intende liberarsi dall'oppressore, ma se il popolo non ha questa forza nessuno può imporre la democrazia e tanto meno può farlo con la violenza. Ma l'occidente non impara la lezione e se davvero si impegnerà ancora a portare il conflitto in Siria e in Libia, invadendo con i propri eserciti quei paesi, non si sconfiggerà il terrorismo ma piuttosto lo si alimenterà fornendo altri motivi ai criminali fanatici. Questa non è guerra e nemmeno guerriglia metropolitana dove i nemici si affrontano apertamente, questo è un crimine contro l'umanità. Ed il mondo occidentale combatte questi criminali usando gli stessi mezzi: va bombarda, invade e contribuisce ad allungare la fila delle vittime innocenti. Quando poi queste vittime tentano la fuga dai veri luoghi di guerra ecco che l'occidente alza barriere fatte di muri e fili spinati per ricacciare indietro donne, bambini e in genere persone inermi e ridotte allo stremo. L'unica cosa che sappiamo fare è riempire i media di dichiarazioni, di immagini, di assicurazioni, di finti interventi sulla sicurezza ed ultimamente anche di lacrime di coccodrillo per mascherare la propria incapacità ad "sconfiggere" questi criminali ai quali è stata data linfa vitale dagli stessi che assicurano di combatterli.

2 commenti:

jouy-carladidi ha detto...

Impropriamente guerra perchè semina vittime, comunque sono in accordo con te.

antipolitico ha detto...

E' l'era dei termini usati impropriamente ... come la parola "amico" sui social network ..