venerdì 13 marzo 2015

Un anno di governo Renzi: autoritarismo, privatizzazione e compravendita di voti


Dopo un anno di governo di centropresuntosinistra si può sicuramente stilare un bilancio non tanto sull'efficacia della sua politica, dei tanti provvedimenti e riforme annunciate una sola è stata portata a termine quella delle riforma del lavoro, quanto in merito al progetto politico ormai chiaro e abbastanza ben definito. Il filo conduttore è sempre l'annuncite cronica che prevede questi passaggi prima di arrivare ad un provvedimento scritto: l'annuncio che il governo si occuperà di un problema, dopo qualche settimana le slides che mostrano praticamente il niente se non concetti e principi generali del problema stesso, la presentazione a distanza di qualche settimana delle linee guida, la discussione in governo con l'uscita non di un provvedimento ormai organico ma di una bozza a cui seguirà poi il testo definitivo. A meno che non si vada a chiedere la fiducia in parlamento su una delega in bianco, come accaduto per il lavoro. Andando oltre gli aspetti scenici e pirotecnici la sostanza di ogni provvedimento, compreso l'ultimo della scuola, è contraddistinta da tre elementi caratteristici. Autoritarismo. Renzi, come il suo padre putativo, è allergico alla democrazia con un'aggravante se vogliamo: Berlusconi lo dichiarava apertamente, Renzi molto più subdolamente di nasconde dietro la parola Democratico che contraddistingue il suo partito. Ma la sua natura autoritaria e antidemocratica emerge ad ogni provvedimento. La trasformazione delle Province in enti di nominati e non più eletti democraticamente dal popolo pur non modificandone le competenze in maniera sostanziale. La trasformazione del Senato in un altro ramo del parlamento anche questo di nominati ma con compiti anche importanti come per esempio esprimersi sulle modifiche costituzionali. La nuova legge elettorale che ancora non consente ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti alla Camera e che consegna un premio di maggioranza assurdo al partito che vince le elezioni azzerando di fatto l'opposizione. La stesura delle riforma del lavoro escludendo i sindacati da eventuali proposte per migliorare la legge. La riforma della scuola che lascerà in mano al preside addirittura la scelta dei docenti, come se in Italia non esistesse il problema della corruzione o della parentopoli da cui siamo afflitti in qualsiasi istituzione pubblica. Ecco tutte dimostrazione dell'attacco aperto alla democrazia portato avanti da Renzi purtroppo con discrete probabilità di successo. Privatizzazione. L'aspirazione a privatizzare si è manifestata per il momento con l'idea di privatizzazione della Rai assegnando al direttore generale carta bianca e sul disegno di legge della scuola che di fatto tende ad equiparare la scuola pubblica a quella privata. Si parte dagli sgravi fiscali alle famiglie che scelgono la scuola privata, ad un aumento di fondi, alla trasformazione delle scuole pubbliche in strutture nelle quali il preside avrà carta bianca in nome dell'autonomia. Questa lui la chiama la riforma della scuola ma la vera riforma dovrebbe occuparsi di altri temi come i programmi scolastici, l'adeguamento dei programmi allo sviluppo della società, i percorsi formativi e via dicendo. Temi impegnativi sui quali Renzi ed i suoi non hanno nè la competenza nè le capacità di intervenire. Ed allora si parla di autonomia contribuendo di fatto alla progressiva trasformazione della scuola pubblica in privata a scapito della qualità. Compravendita voti. Il tasto della compravendita voti è stato il primo toccato dal Renzi con i famosi 80 euro elargiti a circa 10 milioni di lavoratori dipendenti, fatti passare come sgravi fiscali ma che tali non sono e che hanno avuto come principale risultato la vittoria alle elezioni europee. Ora che ci si sta avvicindando ad un'altra tornata elettorale le prossime "vittime", si fa per dire, di un'altra elargizione sarnno gli insegnanti ai quali verranno "donati" 500 euro per acquisto libri, teatro, cinema ed altre attività culturali. Come se gli insegnanti fossero l'unica categoria per la quale l'aggiornamento è necessario. Ma quando un insegnante andrà al cinema con questi 500 euro chi deciderà se il film che va a vedere è un evento culturale o un cinepanettone all'italiana ? Anche questa manovra è più facile configurarla come una iniziativa di puro stampo elettorale piuttosto che un vero incentivo all'insegnante per un aggiornamento che deve certo essere continuo e al passo con i tempi.
Fino ad ora Renzi aveva la scusa di trovare un accordo con l'opposizione per le riforme costituzionali che dovrebbero, per la loro importanza, essere condivise il più possibile (anche se non si capisce perché proprio con Forza Italia e non con altri), ma ora che il condannato ha ripreso vita ed ha abbandonato (almeno in apparenza) il suo figliolo putativo e le sue riforme, non si vede perché non cambiare quelle parti assolutamente volute dal pregiudicato. Renzi non la fa a dimostrazione che la sua natura è esattamente la stessa del proprio padre politico.

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