giovedì 17 febbraio 2011

Dallo squallore alla banalità: il triste spettacolo del festival



La satira non si fa a comando, ma deve essere spontanea e soprattutto non commissionata. Ieri sera invece la Rai per par condicio ha preteso che Luca e Paolo, i presunti comici delle Jene, dopo aver ironizzato nella serata di apertura su Berlusconi e Fini, se la prendessero anche con personaggi dell'altra sponda politica ed i due hanno scelto Santoro e Saviano. E ne è uscito un siparietto insulso, banale e scontato. D'altra parte i due non sono dei comici e nemmeno degli attori, sono dei buoni conduttori sorretti da una trasmissione originale come le Jene, ma per quanto riguarda la loro vena satirica, questa è tutta da dimostrare. E così si è passati dallo squallore della canzone "Ti sputtanero'" allo squallore di una serie di battute preconfezionate per equiparare la bilancia me che non uscivano da una penna spontanea ed ispirata come dovrebbe essere la satira. Martedì la volgarità ha invaso il festival e le case degli italiani con il termine "Ti sputtanerò" ripetuto all'inverosimile e sostituito solo in un passaggio dal più elegante "Ti fotterò". Una canzoncina che rappresenta il segno dei tempi dove la volgarità, l'offesa, il disprezzo per l'avversario e la caduta di stile in ogni settore della vita politica, sociale e culturale è sotto gli occhi di tutti. Basta assistere a qualche trasmissione televisiva in cui si confrontano personaggi di idee diverse per rendersi conto di questo stato di cose. La conzonetta di martedì sera raprpesenta benissimo lo stato dissestato del panorama culturale italiano. E non tanto per il termine sputtanare, ma soprattutto per l'ossessiva ripetizione ed in un contesto, il Festival di Sanremo, che non rappresenta sicuramente il palcoscenico ideale per uno spettacolo degno del più infimo bar del porto. Sono rari i comici che non fanno uso di termini volgari, ma sono rari anche quelli che pur usandoli lo fanno con molta leggerezza o usando pseudonimi che rendono la satira godibile e veramente tagliente oltre che originale. Due su tutti: Litizzetto e Benigni. Entrambi nei loro monologhi usano a volte termini volgari, ma, oltre a non essere ripetitivi in maniera ossessiva, sono inframezzati i discorsi che rendono anche tali termini completamente godibili. Dopo la volgarità ieri sera si è voluto bilanciare la scena mettendo sotto torchio Santoro e Saviano per rispondere all'ossessiva questione della par condicio che ora, oltre che per tribune elettorali, entra in gioco anche negli spettacoli di intrattenimento. Ma fare satira o talk show non è la stessa cosa che fare politica. Nel dibattito politico è necessario si il contradditorio, ma la satira non è politica, è semplicemente una forma d'arte ed allora è possibile costringere l'arte in schemi e regole studiate per la politica ? Sarebbe come costringere un poeta a scrivere una poesia sull'odio una volta che ha scritto una poesia sull'amore, o come imporre a Leonardo Da Vinci a dipingere un volto maschile dopo che ha dipinto la Gioconda. E così i risultati sono stati disastrosi e solo il basso livello raggiunto ormai dagli spettatori televisivi ha potuto far apprezzare le performances di Luca e Paolo. L'Italia è stata trascinata in questi anni in un pantano non solo dal punto di vista politico ma anche dal punto di vista culturale e sarà difficile e faticoso risollevare il paese da queste sabbie mobili.

Nessun commento: