martedì 6 marzo 2018

E ora ... potere a chi non lavora


Lo slogan del 1976, dopo il maggior successo del Partito Comunista Italiano che arrivò al 34,4%, era "ed ora ed ora ... potere a chi lavora". Ma quel potere non è mai arrivato e quel patrimonio è stato via via dilapidato alla ricerca esasperata di un posto di governo. Ricerca che ha trasformato lentamente, ma inseorabilmente, il più grande partito della sinistra europea in un paese liberal capitalista abbandonando progressivamente i lavoratori. Le tappe sono state prima quella del 1991 con lo scioglimento del Partito Comunista in nome dell'abbandono delle ideologie. Con l'avvio della globalizzazione poi la sinistra, divisa in diversi rivoli, si è persa definitivamente non riuscendo a capire la trasformazione della società con lo sgretolarsi da quella classe sociale che da sempre era la base del Partito Comunista: la classe operaia. I successivi colpi sono stati la crisi del primo governo Prodi con l'abbandono di Rifondazione Comunista e quella la crisi del secondo governo Prodi causata anche dalla nascita del Partito Democratico, un partito che somigliava più a un carrozzone dove imbarcare più gente possibile per conquistare da solo il governo del paese. E la sconfitta elettorale subito fin dalla nascita non è servita a niente soprattutto non è servita a far capire che quella non era la strada giusta. Nel frattempo a sinistra di quel carrozzone iniziava la corsa al creare il proprio orticello con la nascita di miriade di formazioni più o meno rosse tutte più o meno però lontane dal territorio e dai problemi reali della gente comune. Problemi che nel frattempo si andavano aggravando sia a causa della crisi economica-finanziaria globale, sia per il fenomeno immigratorio aggravato dalle guerre del mondo occidentale. Quel terreno avrebbe dovuto rappresentare un terreno fertile per la sinistra da sempre, e per ideologia consacrata, schierata dalla parte delle classi sociali più deboli. Ma, belle parole a parte, nessuno si è speso direttamente sul territorio, nessuno ha battuto le periferie delle città, nessuno si è speso a favore di quelle classi sociali che sono state abbandonate lasciando praterie libere alla destra da quella fascista dichiarata a quella mascherata di verde ed al populismo grillino. Addirittura l'erede di quello che era stato il più grande partito della sinistra italiana, il Partito Democratico, è stato messo in mano ad un arrogante personaggio come Matteo Renzi, democristiano nel cuore ma senza la statura politica di certi politici della vecchia DC. Con l'arrivo del bell'imbusto di Rignano, arrivato alla segretaria del Pd con un trucchetto che nemmeno gli iscritti al partito hanno capito (allargare il voto a chiunque, anche ai non iscritti, in cambio di un obolo di 2 euro), il Pd è stato trascinato verso il centro destra con politiche sovrapponibili a quelle di quell'area politica. Il Jobs Act ne è stata la dimostrazione plastica. Nemmeno la sconfitta del 4 dicembre 2016 sul referendum costituzionale ha a aperto gli occhi al partito ed ai suoi militanti, e tanto meno a Matteo Renzi, troppo pieno di se per mettere in discussione la sua opera politica. Come è stato dimostrato anche dopo il fallimento delle recenti elezioni. L'opera congiunta del Partito democratico e della sinistra italiana tutta (Leu, PaP, PCI, etc.etc.) ha lasciato aperte le porte alla Lega ed al M5S che, apparentemente, si sono per certi versi schierate dalla parte dei più deboli ma con sfumatore inquietanti. Ora o la sinistra torna sul territorio, in mezzo alla gente, con proposte serie che contrastino le diseguaglianze sempre crescenti, oppure la deriva destrorsa sarà inarrestabile e il futuro nero.

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