giovedì 30 giugno 2016

Cialtroneria politica


Le elezioni amministrative, che non dovevano essere un test nazionale, stanno invece modificando la strategia politica dei vari partiti e movimenti. Il Pd avverte i primi scricchiolii di un'azione politica tutt'altro che di sinistra come vorrebbe la storia di questo partito, il M5S da parte sua vede giorno dopo giorno avvicinarsi il traguardo del governo nazionale, il centro destra sempre più orfano del suo padre-padrone l'ex cavaliere Berlusconi non trova la strada per una strategia comune da presentare al paese, i vari partitelli e partitucoli sotto le due cifre vedono avvicinarsi l'ora della scomparsa definitiva. Ecco allora che tutti o quasi tentano di ricorrere ai ripari andando all'attacco, più o meno velato, di quella legge che potrebbe decretare la fine di alcuni, l'insuccesso di altri e il successo di uno solo: la legge elettorale dell'Italicum. E su questa battaglia tutti più o meno dimostrano di essere nel bene e nel male ancorati alla vecchia politica che comunque, a dispetto delle varie repubbliche, è sempre attuale. Il Partito Democratico, che con le amministrative ha preso diverse bastonate anche ai ballottaggi del secondo turno, silenziosamente è pronto a rimettere in discussione quella legge che fino ad ieri non si poteva più discutere. Cialtroneria politica. Il Movimento 5 stelle punta i piedi per qualsiasi ritocco all'Italicum che invece potrebbe decretare il successo del movimento alle prossime elezioni politiche. Cialtroneria politica. Il centro destra, da sempre sfavorevole ad una legge che lo vedrebbe inesorabilmente sconfitto, si presta al gioco della revisione dell'Italicum. Cialtroneria politica. I partitelli stampella di Renzi, guidati da Alfano, minacciano addirittura la crisi di governo se non si cambierà la legge elettorale che li vedrebbe inserabilmente condannati all'estinzione. Cialtroneria politica. Ora la domanda è: sebbene il M5S accusi di cialtroneria il Pd, chi si potrebbe aggiudicare la palma del partito più cialtrone ? Sarebbe un'impresa ardua stilare questa graduatoria. Tutti i partiti non fanno altro che tirare l'acqua al proprio mulino cercando di modificare la legge elettorale a proprio vatnaggio e a seconda del consenso popolare del momento, in questo caso decretato dalle recenti amministrative, ma nessuno che lanci un progetto di legge sul quale improntare una discussione aperta e costruttiva per stabilire un modello di legge adeguato per garantire la rappresentatività. Questo sarebbe l'obiettivo verso il quale ogni formazione politica dovrebbe guardare e capire che le modifiche che vanno a vantaggio di uno o dell'altro schieramento non sono altro che uno dei tanti motivi della perdita di credibilità dei partiti stessi. Il problema del panorama politico italiano rimane uno solo, che non è sicuramente la legge elettorale che rappresenta solo uno strumento tecnico per suddividere i seggi parlamentari, quanto piuttosto l'inadeguatezza dei partiti e movimenti attuali a rispondere alle esigenze del paese reale e delle richieste dei cittadini: lavoro, equità sociale, stato efficiente. Se i partiti e la politica non cambierà rotta, qualunque sia la legge elettorale non si riuscirà mai a fermare la piaga della democrazia italiana: l'astensionismo.

mercoledì 29 giugno 2016

Fra Brexit e terrorismo europa a brandelli


Mentre si discute a vuoto sulla Brexit e sulle consequenze comunque disastrose, il terrorismo non si ferma e attacca indirettamente la stessa europa andando a colpire la Turchia, lo stato che, secondo le intenzioni di Merkel e soci, dovrebbe fare il lavoro sporco per bloccare l'immigrazionein cambio di qualche milione di euro. E così alle parole vuote e prive di qualsiasi serio impegno sull'uscita dell'Inghilterra dall'europa, si aggiungono i soliti commenti che i vari leader europei pronunciano in occasione di un nuovo attacco terroristico: "Basta con le stragi", "E' necessario fare qualcosa" (questa affermazione è buona per tutte le stagioni sia contro il terrorismo che contro la finanza che specula sulle debolezze europee), "Mano pesante contro il terrorismo". Insomma se ci fosse stato ancora bisogno dell'incosistenza dell'Europa, Brexit e attacco terroristico ad Instanbul hanno fatto chiarezza completa. Con la crisi economica iniziata nel 2007-2008 la fragilità di un'istituzione inesistente si è completamente palesata. Fino a quel momento si era occupata di stabilire regole sulle caldaie nelle nostre case o su che tipo di reti utilizzare per pescare le sardine o peggio ancora sulle dimensioni delle vongole da immettere sul mercato, ma quando c'è stato bisogno di agire per combattere crisi economica e disuguaglianze, tutta l'impalzatura ha iniziato a scricchiolare fino ad arrivare ad oggi con i primi crolli. L'Unione che con la globalizzazione doveva proteggere i cittadini dall'arbitrio dei mercati ha finito per essere vittima stessa dei mercati che di fatto hanno scritto una nuova costituzione virtuale contraria ad ogni riforma del capitalismo e ad ogni scontento popolare. E quando i cittadini decidono di andare contro all'Europa ecco che cosa accade: svalutazione della loro moneta, mercati impazziti che se ne fregano delle disuguaglianza sociali, aggravamento della crisi. Le non risposte europee alla crisi finiscono anche per costituire un elemento che favorisce il passaggio al terrorismo di giovani extracomunitari nati e vissuti nel nostro continente. Ciò che poi fa perdere ogni speranza è la mancanza totale di autocritica delle istituzioni europee e dei parrucconi che occupano posti strategici nelle stesse istituzioni. Dopo il risultato del referendum inglese sono stati lanciati strali alla democrazia diretta ce ha portato a quel risultato. La democrazia diretta è sicuramente rischiosa ma lo è ancora di più se la democrazia rappresentativa fallisce come ha fallito e sta fallendo in europa. Quando chi è stato incaricato di decidere non decide o peggio ancora decide contro i propri cittadini alla fine i cittadini stessi non ci stanno più sospinti anche da chi calvalca il malcontento con parole d'ordine non supportate da progetti politici reali e realizzabili. Chi ha spinto gli inglesi a votare l'uscita dall'europa lo ha fatto non proponendo alternative o illustrando pro e contro da una simile decisione, quanto piuttosto semplicemente lanciando slogan ad effetto. L'europa era un sogno per chi negli anni 50 l'aveva immaginata e aveva dato inizio al suo progetto, oggi è diventata un incubo, un amplificatore delle disuguaglianze, una bestia dalla quale guardarsi con sospetto e dalla quale difendersi, ma attenzione che alla fine l'europa siamo noi.

martedì 21 giugno 2016

Sindaci 2016: tutti hanno qualcosa da imparare


Dopo la sbornia dei commenti post-ballottaggi ora sarebbe il momento di tirare le fila perché alla fine tutti, vincitori e sconfitti, avrebbero qualcosa da imparare analizzando i risultati. E' vero si trattava di elezioni amministrative che riguardavano i sindaci, ma in Italia qualsiasi sia il tipo di tornata elettorale si trovano sempre delle ragioni politiche a commento dei risultati. Ed anche questa volta la regola è confermata anche perché erano interessate alcune grandi città strategiche per la politica italiana. I primi a dover fare tesoro dei risultati sono i vincitori, i grillini, che hanno conquistato Roma, ma il risultato era scontato alla luce della recente storia politica dellca capitale, e Torino vera sopresa di queste elezioni. Il M5S dovrebbe riflettere sul fatto che non sarebbe mai arrivato al successo senza i voti del centro destra, che pur di far fuori un candidato del Pd avrebbe votato chiunque. Va bene la coerenza, va bene non fare accordi con nessuno ma in politica purtroppo non funziona così, soprattutto nel nostro paese dove il bipolarismo non ha mai funzionato. Se i grillini avvessero accettato la mano che Bersani a suo tempo gli tese dopo le elezioni 2013 oggi il paese non si troverebbe in questa situazione a dover combattere per difendere la democrazia da un presuntuoso arrivista come Matteo Renzi. La sconfitta di Napoli ma soprattutto quella di Torino dovrebbe far riflettere anche il Pd e farlo ragionare sulle consequenze dell'abbandono definitivo della sinistra per spostarsi inesorabilmente verso il centro tendente a destra. E' vero che l'Italia non è certo un paese sinistrorso ma lo sbandamento del Pd che pretende di fare riforme costituzionali con un plurindagato e in barba a tutto il parlamento non paga, come non paga le controriforme come quella del lavoro e l'abbraccio mortale con Marchionne e la Confindustria, Torino ne è la dimostrazione. Il centro destra alla fine scompare in virtù della scomparsa di Berlusconi e di una tendenza di tutti i partiti che si mostra mortale: il partito padronale e guidato da un unico personaggio che non garantisce la crescita di una classe dirigente valida. Il padrone o il leader forte prima o poi se ne va e dietro rimane il deserto. D'altra parte la storia politica italiana, soprattutto quella della seconda repubblica, ha dimostrato che quando un partito ha un leader forte, attenzione forte non significa che abbia idee e progetti validi ma semplicemente che sa comunicare strillando, il partito ottiene ottimi risultati (Forza Italia con Berlusconi, M5S con Grillo, Pd con Renzi, Lega con Salvini) ma quando il leader finisce il suo ciclo del partito non rimarrà più niente o quasi. Quello che accade a sinistra è un ulteriore dimostrazione di questa regola: senza leader non si va da nessuna parte. Ma in questo caso poi la sinistra stessa ci mette del suo con divisioni, suddivisioni, partitelli e movimentelli vari che, in un paese tendenzialmente di centro con risvolti destrorsi, significano la morte sicura o la continua permanenza in terapia intensiva. Ora il prossimo appuntamento sarà ad ottobre che potrebbe essere la spallata definitiva a Matteo Renzi ed al Pd per tornare finalmente alle urne in cerca di un cambiamento reale.

mercoledì 15 giugno 2016

Le campagne farlocche del Movimento 5 Stelle


I grillini ci erano già cascati nella campagna elettorale per l'elezione del sindaco di Parma: il cavallo di battaglia di Pizzarotti e soci fu la non apertura del termovalizzatore. Poi arrivato alla poltrona di sindaco il buon Pizzarotti si rese conto che non aprire quel termovalizzatore non sarebbe stato possibili salvo penali stellari che il Comune avrebbe dovuto pagare. Ed il termovalizzatore fu messo in funzione e Pizzarotti mollato da Grillo. A Roma sembra di assistere alla stessa rappresentazione. Il punto centrale, almeno dal punto di vista mediatico, della competizione elettorale a Roma sembra essere la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Virginia Raggi del M5S, se pur velatamente e mai con un deciso No, sembra essere contraria mentre Giacchetti del Pd naturalmente è favorevole. In realtà si dicuste sul nulla o quasi. Roma è già candidata alle Olmpiadi del 2024 insieme a Parigi, Los Angeles e Budapest grazie ad una mozione presa dal consiglio comunale nel giugno scorso. E' sulla base di quella mozione che il Cio si sta muovendo e presenterà il prossimo ottobre il secondo dossiere necessario per la decisione che verrà presa nel 2017. Ora la faccenda è molto diversa rispetto alla questione del termovalorizzatore di Parma, qui non ci sono penali nè impegni già presi, ma una macchina che è in movimento e per la quale si stanno già spendendo dei soldi. Tutto questo però non taspare dalla campagna elettorale in atto, nemmeno dalle dichiarazioni della candidata del M5S, quel movimento cioè che ha fatto della trasparenza verso i cittadini una bandiera irrinunciabile. In questo caso però la bandiera è stata ammainata forse per poi far credere che se Roma non sarà scelta, cosa assai probabile dato lo scarso impegno e la scarsa affidabilità rispetto alle altre città candidate, la Raggi potrà appuntarsi questo risultato come un proprio fiore all'occhiello. Rimane poi lo squallore che la campagna elettorale su una città disastrata come Roma ma allo stesso tempo la città più importante dal punto di vista istituzionale del paese, si giochi su un evento sportivo sul quale poi tutti dicono la loro anche personaggi che la cui competenza politica è meno di zero.

sabato 11 giugno 2016

La riforma della costituzione articolo per articolo: Art. 71 - Iniziativa legislativa


Ecco un altro articolo che sancisce l'iniziativa legislativa e che viene anche questo complicato rispetto all'attuale costituzione. L'art. 71 attualmente recita:
L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.


La versione della riforma costituzionale Renzi-Boschi-Verdini è invece la seguente:

L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il Senato della Repubblica può, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all'esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procede all'esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato della Repubblica.
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno centocinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. La discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d'iniziativa popolare sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari. 
Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum popolari propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione.

Anche in questo caso, oltre a complicare un articolo semplice, si certifica una della tante falsità messe in giro da Renzi e Boschi in merito al tanto osannato bicameralismo perfetto. Il Senato può richiedere alla Camera di esaminare un qualsiasi disegno di legge, alla richiesta la Camera deve rispondere entro sei mesi, quindi il processo legislativo viene di fatto complicato da un passaggio di carte e di burocrazia che attualmente non esiste. Se ad ogni legge il Senato richiedesse di procedere al relativo esame i tempi diventerebbero biblici e ben più lunghi degli attuali. L'unico fattore che può effettivamente accelerare il processo legislativo sta nel fatto che il Senato di fatto è una camera di dopolavoristi che svolgono il compito di senatori come un secondo lavoro e quindi chissà con quale entusiasmo. L'articolo prosegue aumentando il numero di firme necessario per una legge di iniziativa popolare e portandolo da 50.000 a 150.000 rendendo di fatto quasi impossibile tale iniziativa legislativa. Un piccolo comma che segue il filo della cancellazione delle democrazia dal nostro paese, prima con la negazione del voto democratico per il senato, poi con la legge elettorale che nega le preferenze ed ora anche con questo semplice strumento della proposta di legge popolare reso inattuabile. Insomma un altro articolo che viene triplicato nella sua forma (da quattro a 12 righe) per rendere ancora più debole la democrazia e fortificare il potere della maggioranza e del governo.

venerdì 10 giugno 2016

Che sia un SI che sia un NO ... l'affare c'è


Ormai la politica italiana ci ha regalato di tutto o il peggio di tutto: non esiste più un dibattito politico dove non si trascorra più tempo a denigrare fino all'offesa l'avversario che ha illustrare i propri principi ed i propri programmi. Purtroppo questo avviene anche su argomenti delicati e importanti che segneranno la storia futura del paese come per esempio la riforma costituzionale. I fautori del Si più che spiegare le motivazione che stanno alla base del loro parere favorevole alla riforma Renzi-Boschi-Verdini si impegnano a trattare da conservatori, gufi, e contrari allo sviluppo del paese. E questo impegno è maggiore proprio da parte sia del capo del governo e della sua assistente ma anche i giornalisti non sono da meno, tutti o quasi schierati a distribuire falsità sugli effetti della presunta riforma. I fautori del No fino ad oggi si sono limitati a controbattere respingendo le accuse ma anche in questo caso senza entrare nel merito e senza fare per esempio proposte alternative. Uno dei maggiori oppositori alla nuova costituzione è da sempre il Fatto Quotidiano guidato in questa campagna dal suo direttore Marco Travaglio. Ma ora Travaglio inizia a fare sul serio e addirittura organizza uno "spettacolo" per spiegare le ragioni del No al referendum alla modica cifra di ... 50 euro. Alla faccia del bicarbonato di sodio, direbbe il celebre Totò, hai capito il bravo e coerente giornalista che affare si è inventato. Una domanda sorge spontanea: il suo No è un No convinto o un NO costruito per raccimolare qualche euro ? Certo lui è un giornalista e non un politico e quindi niente di illecito o di moralmente poco adeguato, ma certamente un'iniziativa discutibile che dimostra ampiamente che siamo un paese nel quale gli ideali, i principi, le proprie convinzioni diventano una merce di scambio o un'opportunità per "raccattare" denari. Nemmeno la costituzione si salva da questo mercato.

mercoledì 8 giugno 2016

La parte più divertente di ogni tornata elettorale è l'analisi politica dei contendenti


Sono ormai trascorsi circa 25 anni da quando siamo entrati nella così detta seconda repubblica, ma ogni volta che c'è un turno elettorale di qualsiasi genere, l'analisi del voto è sempre uguale come 40 anni fa quando i partiti erano solo 5 o 6 e nessuno perdeva mentre tutti vincevano. Oggi c'è qualche remora ha dichiararsi vincitori da parte dei perdenti, ma la fantasia è sicuramente aumentata nel commentare il risultato elettorale. Commenti che si potrebbero definire totalmente disgiunti dal risultato reale che i numeri ci consegnano. Insomma dopo Berlusconi che non si definiva un politico ma lo diventava quando commentava i risultati elettorali, siamo arrivati a Renzi, Grillo, Salvini tutti contro la cosidetta vecchia politica finendo immancabilmente per interpretarla in perfetto stile prima repubblica. Anche questo giro di elezioni amministraive non è sfuggito alla regola dell'analisi virtuale del voto. Intendiamoci con le elezioni comunali il vero risultato lo si avrà dopo i ballottaggi e, salvo casi eccezionali come quello di Napoi dove il Pd crolla grazie all'appoggio verdiniano ed alle primarie comprate, tutto quello che si dice o si scrive oggi fra quindici giorni potrebbe essere clamorosamente smentito. Immaginiamo che al ballottaggio tutti i candidati del Pd escano vincitori .... immaginiamo che cosa possa uscire dalle bocce e dai tweet di questa gente. Va beh intanto prendiamola a ridere (se ancora ne siamo capaci) su varie chicche ascoltate in questi giorni.
Renzi dichiara di non aver vinto, di non essere contento, di avere un problema nel Pd napoletano (solo in quello ?), ma poi si lascia sfuggire la frase che il Pd è "quasi" ovunque oltre il 40%. E' quel quasi ovunque che rappresenta una perla politica, provate a smentirlo. Mi ricorda quando una volta una ragazza mi chiese quanto pesavo, ed io, che mi vedevo un pò grassottello, risposi "quasi 80" ma in realtà ero 90 kg. Le analisi degli altri esponenti del Pd si limitano a criticare il risultato del M5S piuttosto che il loro, irridendo i grillini per quello che loro considerano un successo. Altra perla da incorniciare è quella di Orfini che giudica inadeguati i 5S a guidare Roma a causa della loro incompetenza in confronto a quella dei candidati del Pd. Ora dopo la vicenda Marino parlare di competenza dei candidati del Partito Democratico è semplicemente una battuta degna di Crozza.
Grillo fa anche lui la sua parte scrivendo che ora "Cambia tutto" senza specificare cosa cambia e perché dovrebbe cambiare. Il loro è quasi certamente un successo anche se in termini di voti perdono anche loro come tutti, ma questo aspetto non lo tocca nessuno perché l'astensione meglio ormai considerarla un fatto endemico sul quale non ci si può far niente. 
Salvini si autodefinisce il primo partito ovunque, poi con qualche secondo di ritardo specifica, nel centro destra anche se poi la reltà è un'altra considerato che a Milano per esempio Forza Italia ha doppiato la Lega.
Ultima nota per Fassina che dopo l'ennesima figuraccia di un partito che nel suo nome ha il termine sinistra, dichiara che farà il consigliere comunale a Roma senza dimettersi da deputato in quanto le due cariche non sono incompatibil. Ora per uno che ha lasciato il Partito Democratico perché in contrasto anche con riforma costituzionale che prevede un senato composto da senzatori con doppio incarico (consigliere regionale o sindaco con senatore) questa è una dimostrazione "lapalissiana" di coerenza.

lunedì 6 giugno 2016

La riforma della costituzione articolo per articolo: Art. 70 - Procedimento legislativo


Gli articoli 59, 60, 63, 64, 66, 67 e 69 sono modificati in virtù della nuva definizione del Senato e della nomina dei senatori da parte dei consigli regionali, ma non introducono alcuna sostanziale modifica della attuale costituzione a parte la cancellazione del passaggio a senatore a vita da parte degli ex presidenti della repubblica e la cancellazione della indennità per i senatori. Si arriva così all'art. 70, altro articolo controverso che complica la riforma costituzionale Ranzi-Boschi-Verdini. L'articolo riguarda il procedimento legislativo e cioè l'iter parlamentare che devono seguire le leggi per la loro approvazione. L'art. 70 nella sua attuale formulazione è scritto in una sola riga e recita:

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere

Questo semplice articolo è sostituito da una spece di tema su quattro facciate di foglio protocollo.

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.
I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati.

Questo articolo dovrebbe sancire l'abolizione del bicameralismo perfetto ma in realtà non fa altro che complicare un processo legislativo che per essere descritto aveva necessità di solo una riga di testo. Con questo articolo si dice infatti che la funzione legislativa collettiva delle due Camere è mantenuta per almeno 10 tipi diversi di leggi per le quali rimane indispensabile la decisione anche del Senato se pur con dei limiti temporali che attualmente non esistono. Il senato può inoltre richiedere informative e fare osservazioni su procedimenti di stretta competenza della Camera e alla fine non si sa che fine faranno queste osservazioni o queste attività conoscitive. Insomma prima di capire che iter dovrà seguire una legge si dovrà decidere di che tipo di legge si tratta ed in quale delle circa dieci categorie eventualmente la legge possa essere collocata. Una estrema complicazione che rende l'attuale procedimento un esempio di chiarezza irrangiungibile per i nuovi padri costituenti. A parte queste considerazioni è evidente dalla lettura di questo nuovo articolo che il bicaeralismo perfetto non è per niente superato ma anzi è stato sicuramente complicato con possibili questioni interpretative ad ogni legge sulla quale si dovrà decidere l'eventuae passaggio o meno dal Senato.

giovedì 2 giugno 2016

La riforma della costituzione articolo per articolo: Art. 57 - Elezione e composizione del Senato


Ecco un articolo fra i più controversi: quello relativo alla composizione ma soprattutto alla elezione del nuovo Senato. Un articolo che fa del Senato un ramo del parlamento di dopolavoristi e che soprattutto toglie il voto ai cittadini per l'elezione di una istituzione che, già dal precedente articolo, non è così secondaria come Renzi-Boschi-Verdini intendono far sembrare.
L'art. 57 nella attuale costituzione recita:

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Il Senato è composto da trecentoquindici senatori eletti dai cittadini su base regionale, quindi rappresenta già un ramo del parlamento che rappresenta il territorio e la ripartizione dei seggi tra le Regioni è su base proporzionale.
Lo stesso articolo è così trasformato della riforma Renzi-Boschi-Verdini

Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica.
I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio

Primo punto: il numero dei senatori è ridotto di circa un terzo, ma solo i senatori e quindi è falso quello che va blaterando il presidente del consiglio che il numero dei politici è ridotto di un terzo. Ma veniamo al punto più controverso: i senatori sono eletti dai consigli regionali e dai consigli delle province autonome di Trento e Bolzano fra i propri componenti. Quindi il primo punto è che i cittadini non eleggeranno più i senatori che, fatto altrettanto grave, saranno eletti dai consigli regionali e provinciali (Trento e Bolzano) fra i propri componenti, quindi di fatto si avranno dei senatori che svolgeranno un doppio ruolo: quello di consiglieri regionali e provinciali e quello appunto di senatori. Ora come un senatore potrà svolgere seriamente questo doppio incarico è tutto da scoprire. Ma non basta: la composizione del senato potrà variare in corso di legislatura qualura una o più regioni vadano alle elezioni anticipate per una eventuale crisi regionale. Altro elemento di confusione è stato introdotto per placare le critiche della minoranza del Pd proprio sulla elettività dei senatori con questo comma: La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi. Una frase ambigua e che non dice assolutamente niente e questa ambiguità in una Costituzione che dovrebbe esprimere concetti e regole precise è veramente deleteria. Un pastrocchio per evitare un voto le cui motivazioni sono abbastanza oscure e non sono state spiegate chiaramente dal trio che ha formulato la nuova costituzione, soprattutto tenendo conto del fatto che il Senato, come si potrà verificare nei prossimi articoli, non è de tutto secondario come si vuol far credere.
Altra bufala che sottende a questo articolo è la riduzioe dei costi della politica. Si è vero i senatori non saranno retribuiti (anche se sarà tutto da verificare chi pagherà le spese di trasferta e soggiorno di questi dopolavoristi della politica italiana) ma la struttura, il Senato, rimarrà in piedi nè più né meno come prima e il risparmio saraà veramente insignificante.




La riforma della costituzione articolo per articolo: Art. 55 - Funzioni delle Camere


Fino ad oggi il dibattito sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi-Verdini si è dipanato solo su slogan che non entrano nel merito della riforma stessa. I fautori del Si e del No si lanciano accuse reciproche senza però discutere sui contenuti della riforma stessa. Proviamo a fare un confronto fra il testo attuale e quello che sarà sottoposto a referendum.
Il primo articolo sottoposto a modifica è l'art. 55 che nella attuale Costituzione recita:

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
L'articolo della Renzi-Boschi-Verdini recita invece quanto segue.

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.
Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione.
La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo.
Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.

Già da questo articolo appare la prima falsità della propaganda renziana: l'abolizione del Senato e la semplificazione. Il Senato non viene abolito ma anzi se ne da maggior risalto dedicandogli ben 9 righe di testo contro le due righe dedicate ala Camera che dovrebbe rappresentare il ramo più importante del parlamento. Nel tentativo di specificare, anche oltre il ruolo che dovrebbe rivestire la costituzione, del Senato di descrivono le sue funzioni in maniera ambigua e interpretabile. Il Senato concorre "all'esercizio della funzione legislativa", atro che abolizione del bicameralismo come si vuole far credere. Invece di rimanere su un piano generalista, come il testo della Costituzione vigente, si dettano regole specifiche ma comunque non abbastanza dettagliate da non consentire di essere impugnate. Non si capisce perché siano già state introdotte delle norme sulle funzioni del Senato che poi saranno comunque riprese e dettagliate in successivi articoli, come nella Costituzione vigente. Probabilmente l'articolo avrebbe potuto rimanere esattamente come nel vecchio testo, considerato che il Senato non è abolito e rimane se pur con funzioni diverse.